Si chiama Note a margine il convegno con cui la scuola di Alta Formazione di Sala Intrecci festeggerà al Teatro Mancinelli di Orvieto il suo primo compleanno. «Il lavoro di sala è un lavoro che si fa bene solo lavorando in squadra, così abbiamo scelto di parlare dell’importanza della squadra con alcuni ospiti d’eccezione: Brunello Cucinelli, Giuseppe Palmieri, Roberto Mancini, Stefano Domenicali, Riccardo Agostini, Luca Tomassini, il direttore del Policlinico Gemelli Giovanni Scambia, Alessandro Pipero e Lamberto Tacoli, presidente Associazione Nautica Italiana e presidente e amministratore delegato di Perini Navi», dice Marta Cotarella, direttrice di Intrecci di cui è fondatrice con la sorella Enrica, che si occupa della comunicazione, e la cugina Dominga, presidente del comitato scientifico della scuola che, di fatto, è la “mamma” della Scuola.
«Intrecci nasce da un’intuizione di Dominga – continua Marta Cotarella -. Da tempo io, Dominga ed Enrica, pur senza uscire dal mondo del vino (l’azienda di famiglia è la Falesco) che amiamo profondamente, sentivamo la necessità di metterci in gioco in qualcosa che fosse completamente nostro, non da “figlie di”. Dominga che è la front-woman di Falesco e passa almeno 200 giorni all’anno in giro per ristoranti ha raccolto le preoccupazioni di sommelier, maître e ristoratori che a fronte dell’aumento della qualità nelle brigate di cucina, lamentavano una carenza di personale specializzato di sala. Questo nell’Italia di oggi è paradossale».
Dall’idea alla sua realizzazione quanto tempo è passato?
«Abbiamo cominciato a parlarne nel gennaio 2014, il primo giorno di scuola è stato il 15 gennaio 2018. Nei quattro anni di lavoro abbiamo prima cominciato a studiare la struttura del progetto: siamo partiti dal punto fermo di voler fare un campus dove i ragazzi potessero vivere e cominciare sin da subito a lavorare sul concetto di squadra. Poi abbiamo parlato con tutti i rappresentati delle categorie utili a formare le giuste professionalità e abbiamo contattato università e professionisti per creare il programma didattico e avere il loro apporto in fase di insegnamento».
Cosa insegnate a Intrecci?
«C’è un gruppo di discipline forti che sono la sala e l’accoglienza, la sommellerie, l’enologia. E ancora scienza dell’alimentazione, economia e gestione d’impresa, due lingue che, probabilmente, il prossimo anno diventeranno tre».
Accanto a queste, però, ci sono delle materie inconsuete.
«Si tratta di un gruppo di discipline che abbiamo chiamato contaminazioni perché sono attività che vengono da mondi paralleli: recitazione, portamento, galateo, styling, psicologia, tecniche di illuminazione e di sonorizzazione degli ambienti. In totale il corso si compone di 1200 ore in aula e 980 ore di stage».
Quanti studenti ammettete e quali sono le modalità di ammissione?
«Il primo anno ne abbiamo ammessi 14 che completeranno lo stage a metà gennaio, tutti hanno già ricevuto proposte di lavoro. Al secondo anno, partito da un mese, sono iscritti 25 studenti. L’ammissione avviene attraverso un colloquio motivazionale, chiediamo un diploma di scuola media superiore e una base di lingua inglese».
Qual è la cosa che vi ha stupito di più?
«Ce ne sono alcune. Intanto la velocità con cui il progetto sta riscuotendo approvazione: cinque Università (Sapienza, Tuscia, Pollenzo, Sannio e Cattolica) ci stanno appoggiando. Poi le relazioni tra i ragazzi che hanno costruito una famiglia parallela».
Quali sono i progetti futuri?
«Intanto ci allargheremo all’estero. Abbiamo visitato alcune scuole in India, Spagna e Dubai che ci hanno chiesto collaborazione. Pensiamo di organizzare dei focus in loco e sei mesi in aula in Italia. Poi ci piacerebbe che il corso diventasse una laurea triennale».
Mariella Caruso