“Leggere attentamente l’etichetta” è un monito che, a intervalli regolari, viene ricordato. Ma se è automatico farlo con i farmaci, non è lo stesso con gli alimenti. Invece bisognerebbe sempre leggere l’etichetta per conoscere il prodotto che si sta acquistando. Questo comportamento utile al consumatore finale è quanto mai necessario per i ristoratori che utilizzano quelle materie prime per preparare i loro piatti.

LE INDICAZIONI IN ETICHETTA. Denominazione, durabilità, elenco degli ingredienti, paese d’origine e luogo di provenienza, condizioni di conservazione ed uso, nome e ragione sociale del produttore, quantità al netto, presenza di allergeni e dichiarazione nutrizionale sono gli elementi obbligatori da indicare in etichetta.
PERCHÉ LEGGERLA? «Perché solo conoscendo le informazioni sul prodotto che si appresta a lavorare è possibile per un cuoco fare scelte attente e consapevoli sui piatti», sottolinea Lisa Casali, scienziata ambientale, blogger e scrittrice da sempre attenta alla cucina sana. «La lista degli ingredienti in etichetta è indicata in ordine di percentuale di presenza nella composizione. Questo è un elemento che, pur apparentemente scontato – spiega Casali – dà molte indicazioni perché fotografa il contenuto di sale, zucchero, conservanti e/o altri tipi di additivi. Conoscere queste informazioni permette a tutti di fare scelte attente. La conoscenza diventa indispensabile, poi, per chi vuole fare una cucina attenta alla salute, all’etica o alle tematiche ambientali».
I SEMILAVORATI. «Anche se molti cuochi non amano ammetterlo, nel mondo della ristorazione si fa largo uso di prodotti già trasformati – continua la scienziata -. In questo caso è ancora più importante leggere le etichette. Si può scoprire, per esempio, che prodotti che il marketing propone come a base di frutta e verdura, magari contengono appena il 10% di queste ultime essendo, di fatto, ben poco naturali».
IL “MADE IN ITALY”. «Altra informazione importante contenuta nell’etichetta è il luogo di produzione e/o di trasformazione del prodotto. Le normative, però, permettono una certa flessibilità a chi trasforma materie prime provenienti dall’estero. In molti casi si possono indicare come “Made in Italy” prodotti che sono solo trasformati in Italia pur con l’utilizzo di materie prime non italiane», continua. In questo caso, argomenta la blogger di Ecocucina, «a fare la differenza è solo la sensibilità dello chef. È quest’ultimo, infatti, può prendersi l’onere di verificare la filiera perché per conoscere davvero quali materie prime ci sono all’origine del prodotto bisogna spingersi oltre quanto scritto in etichetta. L’esempio più banale riguarda il pomodoro pelato o la passata di pomodoro utilizzata da tutti». Va da sé, sottolinea, «che, per poter verificare la filiera l’ideale è scegliere un prodotto a filiera corta».
LE CERTIFICAZIONI. «Un’altra questione è quella delle molte certificazioni: ci sono quelle di origine, spesso rilasciate da un ente terzo, quelle del biologico e del biodinamico. In merito a Dop e le Igt è bene ricordare che di solito recano un codice, se non è presente c’è qualcosa che non va. Per quelle del biologico o del biodinamico che sono un valore aggiunto è bene fare una verifica sull’affidabilità dell’ente terzo che l’ha rilasciata», ricorda Casali. Più complicati, invece, «sono i casi, purtroppo non isolati, di simil-certificazioni inesistenti che hanno il solo scopo di trarre in inganno essendo azioni di puro marketing».
COSA DOVREBBE CHIEDERE IL CLIENTE AL RISTORATORE? Innanzitutto il libro degli ingredienti che è obbligatorio. Ma il ristoratore può andare oltre. «Ci sono già molti ristoratori che indicano l’origine dei prodotti rendendo pubblica la lista dei produttori dai quali si approvvigionano. In questo caso la massima trasparenza dà al cliente la possibilità di sapere esattamente cosa troverà nel piatto», spiega Casali. «Il cliente, a sua volta, deve essere esigente e non abboccare agli slogan. Deve leggere con attenzione la lista dei produttori se è presente. Approfondire in caso di riferimento a presìdi Slow Food e/o certificazioni mai sentite. Stiamo sovrasfruttando le risorse ittiche per cui è importante prestare attenzione alle proposte di pesce in carta, informandosi sulla specie, razza, provenienze e, se si vuole essere pignoli, anche la taglia di quello che si troverà nel piatto».
Mariella Caruso