Sarà l’aula magna dell’Ipseoa Carlo Porta di Milano a ospitare LUNEDI’ 29 OTTOBRE il secondo convegno nazionale dell’Associazione italiana Ambasciatori del Gusto. Un luogo simbolico perché il convegno s’intitola Prima la formazione e i temi sul tavolo sono quelli della formazione scolastica che è pane quotidiano per l’istituto milanese e per la sua dirigente Rossana di Gennaro.

Rossana di Gennaro

«Siamo felici di ospitare il convegno che è indirizzato alla formazione ed è importante per instaurare una collaborazione più stretta tra le istituzioni scolastiche e il mondo del lavoro al fine di disegnare il quadro delle competenze utili ai ragazzi e, quindi, cosa è meglio insegnare già in ambiente scolastico. Dall’altra parte anche noi avremo la possibilità di dare qualche input su cosa i ragazzi sono in grado di fare sia al termine del percorso di studi, sia in fase di tirocinio», attacca la dirigente del Carlo Porta in cui gli studenti sono distribuiti su tre indirizzi: enogastronomico (con cucina e pasticceria che seguono percorsi diversi), sala e vendita bar e accoglienza turistica.

Come si conciliano le esigenze del mondo del lavoro con i programmi di un istituto professionale statale?

«Con la riforma degli istituti professionali non si parla più di programmi, ma di competenze da raggiungere al termine di un quinquennio. Come arrivare all’acquisizione delle competenze è lasciato alla discrezionalità della scuola che deve lavorare su attività e progetti, teorici e pratici utili al raggiungimento delle competenze richieste».

L’alternanza scuola-lavoro è uno dei nuovi strumenti utilizzati per raggiungere le competenze. È stato difficile adeguarsi alla normativa?

«Per la nostra scuola, e in generale per gli istituti professionali alberghieri, non è stato difficile adeguarsi alla normativa perché gli stage aziendali hanno sempre fatto parte del percorso scolastico. Al Carlo Porta, per esempio, gli studenti fanno 600 ore di alternanza che sono molte di più delle 400 che prevede la normativa. Spesso non riusciamo nemmeno a soddisfare tutte le richieste delle aziende con le quali abbiamo in essere le convenzioni che prevedono l’assicurazione per il ragazzo e la presenza del tutor».

Quali sono le criticità del sistema in ambito ristorativo nel quale gli orari scolastici spesso non sono compatibili con quelli del servizio?

«Ci sono due tipi di alternanza, quella fatta durante il periodo scolastico che è sostitutiva del giorno di lezione, questo significa che se la sua giornata scolastica inizia alle 8 e finisce alle 14 anche quella fuori dall’istituto segue gli stessi orari. Un’altra questione è quella del tirocinio che si fa durante il periodo estivo durante il quale la giornata lavorativa si fa nella sua completezza. In quel caso ci sono delle lamentele nei confronti di azienda che fanno lavorare i ragazzi troppo. Da una parte i ragazzi capiscono come funziona il mondo del lavoro. Sottoporli a giornate di lavoro che vanno oltre le 8/9 ore anche serali non è giusto, così come non lo è per tutti gli altri lavoratori».

Questo è uno dei temi che si dovrebbero affrontare?

«No, questo rientra nei temi generali dell’etica e della correttezza».

Partendo dall’esperienza del “Carlo Porta”, quali potrebbero essere le questioni da portare all’attenzione del convegno?

«Per gli studenti che concludono il ciclo di studi nel nostro istituto la percentuale di occupazione è di circa il 70%, molti di loro restano nell’azienda in cui fanno il loro tirocinio. Secondo il mio personale punto di vista un istituto alberghiero non deve dare solo conoscenze di tipo professionale come saper usare un coltello o preparare gli gnocchi, ma anche competenze generali come la conoscenza delle lingue straniere insieme, l’apprendimento di un metodo di studio utile nel caso del proseguimento dell’attività di formazione e la consapevolezza nella scelta del giusto percorso oltre a quelle che io chiamo competenza di cittadinanza, ovvero la conoscenza di diritti e doveri utili e come orizzontarsi nel mondo post-scolastico».

Negli istituti alberghieri, oggi, esiste un problema di vetustà delle attrezzatura?

«Diciamo che a me piacerebbe che il mio studente sapesse utilizzare la friggitrice di ultima generazione, ma considerando che l’istituto non può permettersela è importante che chi si forma abbia le competenze per poter approcciarsi nella maniera giusta agli strumenti e comprendere come si usa».

Cosa chiederebbe alle associazioni professionali che partecipano al convegno “Prima la formazione”?

«Una collaborazione che ci aiuti a far raggiungere ai ragazzi le competenze richieste dal Ministero. Si tratta di qualcosa che la scuola da sola non può fare e di cui le aziende non possono farsi carico perché hanno bisogno di personale formato. Nella fattispecie mi piacerebbe che nel profilo di competenze di ritorno alla fine di ogni stage ci siano anche indicazioni sulle capacità di lavoro in gruppo, di responsabilizzazione o di problem solving, non solo se il ragazzo ha imparato a usare l’affettatrice, è puntuale o sappia affettare le patate sottili. Competenze, del resto, utili anche ai futuri datori di lavoro degli studenti».

Mariella Caruso