Non c’è dubbio che la ristorazione italiana sia tra le migliori al mondo. Ma non tutti si sono chiesti quali possano essere i problemi di un impianto tanto importante per il nostro paese. Tra turismo, tradizione, forte identità territoriale, ricette del luogo e convivialità, spesso ci sfugge un particolare.

Fare ristorazione significa fare imprenditoria. Bisogna allora dire basta alle conduzioni raffazzonate, occorre che le imprese famigliari si evolvano.

Fin dalla suo primo convegno nel 2017 intitolata “Italia-Mondo, Andata e Ritorno”, gli Ambasciatori Del Gusto hanno voluto porre l’accento su uno degli aspetti che più preme – e che più deve premere a tutti-: la corretta gestione di un’attività. Creare un’Associazione che possa valorizzare al massimo il Made in Italy nel mondo significa partire da basi solide. Da sempre sinonimo di economia stabile, dunque conseguentemente, florida. A quel tempo l’economista Saverio Salvemini con un deciso intervento in apertura, mise subito in chiaro che “Anche nel campo della ristorazione ci si deve presentare come azienda e non come persona fisica e pensare alla successione perché l’azienda deve essere vivere nel tempo e occuparsi della ricerca dei capitali e dell’organizzazione”.

Bisogna superare alcuni limiti, i conti scritti sulle tovagliette di carta in trattoria, le contrattazioni di qualche centesimo sul prezzo degli ingredienti e, soprattutto, la gestione blanda del capitale. In cui ci si focalizza solo sugli aspetti materialmente più alla portata come food cost e dipendenti.

Il ristorante è, a tutti gli effetti, un’impresa. E le imprese per prosperare nel presente e nel futuro, hanno bisogno di idee nuove, investimenti e progetti a lungo raggio. Le figure all’interno di un qualsiasi locale, sia esso ristorante stellato o un’osteria storica, devono essere preparate e puntuali. Insomma, basta con le zie alla cassa che fanno i conti a fine servizio e basta con i fratelli improvvisati camerieri perché non sapevano cosa fare. E perché, diciamolo, in Italia c’è sempre la volontà di portare avanti un’attività di padre in figlio.

Fortunatamente qualcosa sta cominciando a muoversi: la consapevolezza che nel 2019 non sia più possibile aprire la serranda, cucinare, incassare e abbassarla di nuovo, si sta facendo strada toccando strati più o meno visibili. Dall’importanza dei social alla gestione economica.

Per capire quali sono le possibili chiavi di una ristorazione-impresa, abbiamo chiesto il parere di alcuni Ambasciatori Del Gusto. Si può facilmente riscontrare che, alla base di una struttura solida, ci sia sempre il fattore umano. In tutti i casi c’è la consapevolezza che il rapporto umano tra imprenditore e dipendente, così come tra imprenditore e produttore, sia il vero grado zero di un’azienda.

La storia dei fratelli Christian e Manuel Costardi e del loro ristorante Christian&Manuel a Vercelli, è un buon paradigma della dicotomia conduzione famigliare-conduzione aziendale. L’hotel Cinzia, dentro il quale sorge il loro ristorante, è infatti proprietà della loro famiglia da tre generazioni e non ha mai abbandonato il suo carattere caldo. Pur ricevendo un riconoscimento internazionale anche per la sua conduzione impeccabile.

Sicuramente quello che oggi è importante è il non perdere il carattere familiare”, ha detto Christian. “Perché è quella la vera chiave del rapporto migliore con i clienti. Il nostro albergo l’hanno costruito i nostri nonni nel 1967, quindi abbiamo vissuto tutte le fasi.

Come si può mantenere il calore di casa se lo si unisce alla moderna gestione?

“In primis bisogna fare un uso maggiore di tecnologia. Dai sistemi di prenotazioni più avanzati come Superbe, che permettono sia di prenotare che di occuparsi della parte di gestionale, fino alla carta dei vini. Ormai sono anni che la nostra carta dei vini è su tablet. Questo ci permette di modificare la cantina e aggiornare il sistema in tempo reale. Se manca una bottiglia lo vedi subito. Se vuoi un determinato vino hai una barra di ricerca e non sei in balia delle decine di pagine”.

Il consiglio di Christian è quello di pensare a un’azienda all’avanguardia mantenendo il cuore di una trattoria. Perché quella parte calorosa è tra le cose più caratteristiche e affascinanti dell’Italia.

Per capire meglio che non solo i ristoranti gourmet devono seguire delle linee guida rigide, è sembrato opportuno avere anche il punto di vista di Gennaro Battiloro. Battil’oro è la sua pizzeria, cucina e cocktail bar. L’anima però, rimane quella del pizzaiolo. “Il fattore umano è fondamentale per la memoria, ma soprattutto per l’identità”, ha detto Gennaro. “L’identità di un locale credo si ala prima cosa a cui guardare. Deve esserci una filosofia, un pensiero, delle caratteristiche che fanno del tuo locale qualcosa in cui la gente possa credere ciecamente. Per fare questo c’è bisogno dell’essere umano: a partire dal rispetto del team di lavoro, perché non devono più esistere gerarchie nette, ma condivisione, fino ad arrivare alle reti con i produttori. Non serve più aprire una busta e buttare in padella, bisogna conoscere. Conoscere e formare. L’istruzione è fondamentale, non deve più esistere una conoscenza empirica del mestiere”.

Anche Aurora Mazzucchelli, tra le migliori cuoche italiane, crede nel fattore umano come principio fondamentale nella riuscita di un progetto. E, come i fratelli Costardi, anche il suo ristorante Marconi è un’eredità di famiglia. “Non ci sono grandi trucchi. Bisogna vivere giorno per giorno con il pensiero al presente e al futuro. Ogni giorno si cerca di capire il valore umano. Sembra facile, ma non lo è: serve un forte equilibrio, spesso mancante, tra azienda e mondo del lavoro. Il mondo del lavoro.” Il mondo del lavoro in campo ristorativo è da sempre una delle più grosse falle del sistema ristorativo stesso. La fiscalità, i diritti del lavoratore vengono da una parte violati e dall’altra mal tutelati dallo Stato. Quindi dilaga il pagamento in nero e una quasi totale mancanza di attaccamento al progetto.

“Ci vuole passione da parte di tutti”, continua Aurora. “Io in primis tendo a guardare più l’aspetto della cucina che quello aziendale – anche perché mio fratello è molto più in grado di me-. Ma provo a capirne di più, a guardare oltre. A partire dalla spesa, che deve essere sempre perfetta o sono guai. A livello economico e a livello di sprechi.”

L’ultima intervista, non è certo ultima per importanza, anzi. L’aspetto umano è fondamentale, ma in questo caso viene perfettamente coniugato a una struttura imprenditoriale solidissima. Una scommessa vinta su tutti i fronti che non accenna a molare il colpo. FUD, il progetto firmato Andrea Graziano è l’esempio perfetto di come si possa fare una grandissima imprenditoria senza rinunciare alla qualità, alle relazioni con piccole realtà.

“Bisogna togliersi dalla testa l’improvvisazione. Non è più il momento di improvvisare”, conferma l’Ambasciatore Andrea Graziano. “Ci sono troppi aspetti da tenere in considerazione di cui si devono necessariamente occupare degli esperti. Chi pensava di fare soldi nella ristorazione senza un progetto ha capito a proprie spese che è impossibile.” Agenzie di consulenza, commercialisti preparati, una formazione solidissima. “La formazione è la cosa più importante da curare: è l’aspetto più costoso, che minaccia di esserlo ancora di più se fatta male. Serve la professionalità, il food cost è quasi l’ultimo degli aspetti. A che serve avere una cassetta di zucchine a un euro in meno se poi il personale non è adeguato?”

I consigli di Andrea sono quelli di strutturarsi fin dal principio: la parte contabile alla base, fino ad arrivare a un professionista social e ufficio stampa interni. “Ed è qui che parliamo di aspetto umano. Chi lavora nei miei locali deve conoscere tutto. Dalla provenienza del formaggio alla filosofia aziendale. I ragazzi in sala, in cucina e anche la social che deve raccontarci, voglio che stringano la mano al produttore”.

Il food cost è la parte minore, ma i costi degli altri strumenti no. Ecco perché anche la questione delle pulizie nei FUD d’Italia è calcolata al centilitro. “Si spreca molto di più buttando cascate di detersivo – oltre a nuocere- che a comprare il cibo a meno.”

Creare una grande impresa nella ristorazione si può. E aprire la porta tutti i giorni non basta più, forse non è mai bastato davvero.

Andrea Strafile