La sostenibilità del mare e dei suoi prodotti è un tema molto sentito dagli Ambasciatori del Gusto. Nel weekend appena trascorso l’ambasciatore Moreno Cedroni ha partecipato a Slow Fish 2017, incontro internazionale organizzato da Slow Food e Regione Liguria dedicato al pesce e alle risorse del mare, che si è chiuso ieri al Porto Antico di Genova.
«Scegliere quale pesce mettere nel piatto è un atto politico», ha detto il biologo marino Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico dell’evento il cui tema scelto è stato la sostenibilità del mare e dei prodotti ittici messa in pericolo dall’inquinamento (in particolare dalle microplastiche, invisibili all’occhio umano, che vengono in contatto con l’ambiente marino penetrando nel plancton e diventando parte della catena alimentare) e dalla riduzione delle specie che arrivano sulle tavole.
«Negli ultimi trent’anni le sessanta specie normalmente destinate al consumo alimentare si sono ridotte a non più di dodici o tredici tra cui si annoverano anche il filetto di pangasio e il pesce persico del lago Vittoria», ha aggiunto intervenendo nel corso della conferenza dedicata alla valorizzazione del prodotto alimentare come strategia contro lo spreco. «Il corto circuito è arrivato quando dalla sacralità del cibo si è passati a considerarlo come una merce rispondente a regole commerciali», ha continuato Greco, che da cuoco il giorno precedente aveva provocatoriamente spadellato meduse (in aumento vertiginoso a causa della diminuzione dei predatori) in tempura.

Poi ha lanciato un appello agli chef. «Se i grandi cuochi invece di fare pornografia culinaria in televisione – ha detto – capissero che i loro messaggi vengono recepiti a tanti livelli, potrebbero fare molto perché nel nostro mare abbiamo oltre 300 specie di pesci, crostacei e molluschi commestibili». A rispondere è stato l’Ambasciatore del Gusto (nonché chef nato in una città sul mare) Moreno Cedroni. «Per noi ambasciatori del gusto non sprecare è un dogma – ha spiegato il senigalliese, che è stato impegnato in una lezione sul “susci” all’italiana e in una cena a quattro mani con Mauro Colagreco -. Noi del pesce usiamo tutto: polpa, spine, lische e coda, superando di fatto lo step dello spreco. Noi cuochi, grandi o piccoli, di coscienza, di umiltà, cresciuti col duro lavoro, in particolar modo se nati davanti al mare lo rispettiamo insieme ai suoi prodotti. Non abbiamo paura di utilizzare i pesci poveri, io per esempio nel mio menù ispirato alle corti rinascimentali utilizzo il muggine (un pesce che dicono sappia di petrolio) ispirandomi alla ricetta di mia mamma che lo cuoceva alla griglia dopo averlo marinato un paio di giorni. Il problema è quello dell’incidenza del lavoro perché nessuno ormai mangia il pesce con le lische e lo sfilettamento diventa necessario».
Detto questo, il consiglio di Cedroni e degli ambasciatori, è di tenere in carta piatti realizzati sia con pesci ricchi che poveri senza utilizzare il solo tonno, magari scegliendo pesce azzurro, sostenibile, non congelato. Sulla pornografia culinaria, però, Cedroni non ci sta. «A fare pornografia – osserva – sono tutti i cuochi, grandi e no, che presentano ricette impossibili da riprodurre. Un po’ come chi guarda i film porno e poi a casa vorrebbe essere Rocco Siffredi, ma non può».