«L’attività del cameriere, dell’oste in generale, è quella che ha reso famosa l’Italia nel mondo. Noi italiani siamo sempre stati leader, non per la cucina, ma per la nostra ospitalità. I nostri prodotti sono in cerca disperata di interpreti e la sala è il reparto vendite del ristorante». A parlare così è Andrea Sinigaglia, general manager di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Colorno fondata da Gualtiero Marchesi, che ospita un corso per Professionista di Sala, Bar & Sommellerie. A lui e a Dominga Cotarella, fondatrice con le cugine Marta ed Enrica di Intrecci, scuola di Castiglione in Teverina per l’Alta Formazione di Sala, abbiamo chiesto qual è la formazione di un professionista di sala e quali dovrebbero essere le caratteristiche giuste di un giovane che voglia intraprendere questo mestiere. «Ho sempre vissuto la sala come cliente frequentando, da produttrice di vino, per lavoro tanti ristoranti in Italia e all’estero – chiarisce subito Cotarella – e il comune denominatore era spesso un “problema sala”. E siccome sono dell’idea che un problema che abbia una soluzione è un’opportunità, mi sono chiesta perché a fronte di una cucina che andava sempre più in profondità ci fosse una sala che non cresceva. Per questo con le mie cugine ci siamo riproposte di partire dalla formazione per fare rinnamorare i ragazzi della sala fondando Intrecci».
L’ALMA, IERI E OGGI. «All’Alma abbiamo cercato sin da subito di fare formazione per la sala, ma non abbiamo riscontrato nei giovani lo stesso interesse a formarsi in quel mondo rispetto ai corsi di cucina e pasticceria – osserva Sinigaglia -. Negli ultimi 4/5 anni, invece stiamo vivendo un Rinascimento della sala, del valore di questo mestiere e della sua tradizione. Da tre anni abbiamo dei corsi di sala che ci danno grandissima soddisfazione, mandiamo i ragazzi in stage in ristoranti in Italia e nel mondo riscontrando un tasso molto alto di occupazione post corsi». A cambiare le carte in tavola facendo diventare appetibile il mestiere del cameriere, secondo Sinigaglia, è stata «la disperazione» del sistema ristorativo. «A un certo punto gli operatori hanno capito che una cucina senza sala non funziona, anche i cuochi si sono accorti che senza un buon reparto vendite e marketing il loro lavoro non poteva essere finalizzato, e quindi occorreva finalizzare e rigenerare un settore basilare», riflette il general manager dell’Alma. Ad aiutare ulteriormente la crescita della sala è arrivata anche «una corretta informazione e la consapevolezza che chi fa il cameriere, al pari di un cuoco, può girare il mondo e avere tante soddisfazioni, anche a livello economico».
INTRECCI. Di più recente costituzione, e soprattutto riservati esclusivamente alla formazione di sala, l’obiettivo dei corsi di Intrecci è «fare diventare questo mestiere un po’ bistrattato non un ripiego, ma una scelta di vita – sottolinea Cotarella -. In Italia abbiamo dei modelli vincenti in questo mestiere, avere un modello significa avere un’opportunità di crescita e un desiderio di superare partendo dallo studio. Certo la sala non ha il fascino della cucina, ma al contrario di quanto possa apparire è fondamentale per un ristorante perché il benvenuto viene sempre prima del buon appetito. E poi non è mai lo chef ad accogliere, ma chi apre la porta, fa sedere al tavolo e ha un rapporto costante con il cliente. In un ristorante si ritorna se il servizio è stato buono».
LE QUALITA’ IN SALA. Quali sono le qualità che un aspirante operatore di sala dovrebbe avere? «Intanto un ragazzo che viva pienamente l’italianità è già a metà del cammino – afferma Sinigaglia -. Italianità vuole dire calore nell’accoglienza, ironia. Ma il requisito numero uno è comprendere se si è affetti da quello strano virus per cui si prova piacere nel far star bene gli altri». «Negli ultimi mesi ho incontrato più di 100 ragazzi per sceglierne solo 15 – aggiunge Cotarella – e il criterio che ho utilizzato è l’“entusiasmometro”, ovvero la quantità di entusiasmo nei confronti di questo mestiere che i ragazzi mi hanno trasmesso».
I PROGRAMMI. Con quali strumenti devono essere rifinite le qualità degli aspiranti camerieri? «Classe, stile, portamento sono le prime cose che insegniamo – spiega Sinigaglia – oltre a come essere attenti, avere il sorriso al momento giusto. L’altra cosa è la conoscenza delle lingue, le conoscenze di base sul mondo del vino, dei condimenti, del mondo dei prodotti speciali e d’eccellenza». «A Intrecci abbiamo un approccio olistico con un programma di studio annuale che comprende 6 mesi di permanenza in forma residenziale e 6 mesi di stage», puntualizza, invece, Cotarella il cui sogno è far diventare accademico il percorso formativo di Intrecci. «Nella scuola si studiano materie classiche come sommellerie, portamento e stile e altre inconsuete come teatro, con un regista che aiuta a superare la timidezza, ed economia. Poi ci sono le lingue con due tutor, uno per l’inglese (che è la lingua ufficiale) e un altro per il francese perché alcuni termini di quella lingua sono fondamentali in questo mestiere. Poi – conclude – ci sono sei mesi di stage per i quali le richieste superano il numero dei nostri studenti perché ci sono molti posti vacanti a fronte di pochissimi professionisti senza lavoro».
Mariella Caruso