Identificare con precisione cosa sia la cucina italiana non è possibile, ve ne sono troppe. Specie in prossimità dei confini. Il mondo sloveno e la cucina mediterranea, i cui echi arrivano fino nel Nord-Est, si fondono alla Trattoria Il Cacciatore de La Subida. Il merito è di Alessandro Gavagna, chef della Trattoria (che da alcuni anni ha ricevuto l’onore della stella Michelin), che entrato nella cucina dell’agriturismo di un tempo, oggi un country resort, del patron Josko Sirk a 23 anni non ne è più uscito. A maggior ragione dopo aver sposato Tanja Sirk, che oggi è una delle Ambasciatrice del Gusto e insieme al marito e al fratello Mitja, gestisce l’azienda di famiglia.
Siamo in Friuli, in provincia di Gorizia e a ridosso del confine sloveno, e a La Subida nulla è come sembra. A partire dalla cucina che, pur essendo italiana, «mantiene forti le radici mitteleuropee e la tradizione austroungarica delle origini», sottolinea Gavagna cresciuto a Cormons, ma influenzato anche dalle tradizioni della famiglia paterna divisa tra Emilia e Umbria.
Cooptato ancora giovane da Josko, mandato a fare stage da Igles Corelli in Romagna e da Davide Scabin a Rivoli (Torino) e corsi da Alain Ducasse, Gavagna non ha mai abbandonato la tradizione della cucina dei confini. «Il 50% dei nostri piatti racconta, pur con la giusta fantasia interpretativa, la tradizione del territorio. È questo che i nostri clienti, di cui almeno la metà arriva dall’estero e in particolare da Austria e Germania, cerca», spiega lo chef che ancora adesso, continua a mantenere le stesse indicazioni che ricevette da «papà» Josko quando, non ancora trentenne prese in mano l’intera offerta della Trattoria Il Cacciatore. «Il 50% dei nostri piatti racconta, pur con la giusta fantasia interpretativa, la tradizione del territorio. È questo che i nostri clienti, di cui almeno la metà arriva dall’estero e in particolare da Austria e Germania, cerca», spiega lo chef che ancora adesso, continua a mantenere le stesse indicazioni che ricevette da «papà» Josko quando, non ancora trentenne prese in mano l’intera offerta della Trattoria Il Cacciatore.
«La doppia anima è sempre stata importante nella nostra famiglia: noi siamo italiani e sloveni. Papà è nato da una famiglia di Visnievicco, oggi 10 chilometri oltre il confine sloveno, nel 1952. Era il terzo figlio di una mamma cinquantenne e i suoi si erano spostati al Collio per fare i contadini. Quando si resero conto che l’agricoltura non bastava più per il sostentamento, si misero a fare gli osti: servivano frittate e rane fritte. Papà aveva 16 anni quando rimase orfano, le sorelle pagarono i debiti della famiglia e gli lasciarono l’osteria. Era il 1968 e lui era un giovane oste», sottolinea Tanja Sirk.
Quel punto di ospitalità divenne il centro della vita di Josko Sirk. «Che poi si sposò con Loredana e, insieme, crebbero tre figli: me, mia sorella Erica e mio fratello Mitja. Per noi, nel bene e nel male, non c’è mai stata separazione tra casa e osteria. Per questo il luogo e la sua cucina non potevano, in alcun modo, essere stravolti anche oggi che papà ha lasciato a me e Mitja tutta l’attività per dedicarsi alla sua acetaia e all’affinamento del formaggio di fossa. Per noi l’importante è che chi arrivi alla Trattoria, oggi affiancata dalla più informale Osteria – conclude – deve sentire “aria di casa”, spontaneità».
Mariella Caruso