«La sostenibilità deve cominciare nella testa di ognuno, e per ognuno può avere un diverso significato». Il pensiero è dell’Ambasciatore del Gusto Norbert Niederkofler, paladino dell’antispreco, del rispetto della natura e del lavoro dei contadini. Da un decennio lo chef altoatesino ha adottato la filosofia della cucina del territorio. «Le buone pratiche in cucina cominciano sin dall’acquisto della materia prima e per uno chef è un dovere conoscere i prodotti che lavora», continua Niederkofler che è tra i fondatori di Care’s, The Ethical Chef  Days, evento per discutere di sostenibilità e di etica nell’alta cucina al quale, nell’edizione 2018 organizzata in Val Badia dal 14 al 17 gennaio hanno partecipato anche le Ambasciatrici Martina Caruso e Antonia Klugmann.

Gli Ambasciatori come possono farsi portatori di questo tipo di concetti?

«Partendo dal territorio. Sono pochi al mondo i paesi come l’Italia in cui esistono tante cucine locali, tutte strettamente legate ai prodotti della terra. Sono convinto che è grazie a questo legame con agricoltori, allevatori e casari, che ci forniscono ogni giorno ciò che lavoriamo in cucina, che abbiamo raggiunto la nostra terza stella».

Cosa intende esattamente per legame?

«Coinvolgere nella filiera dell’alta cucina i piccoli produttori che prima erano esclusi dal monopolio delle grosse aziende. Oggi al St. Hubertus lavoriamo con 30/40 fornitori, li conosciamo uno per uno, conosciamo le loro aziende e le problematiche che affrontano ogni giorno e ci facciamo coinvolgere nella loro vita instaurando relazioni umane che sono alla base dei nostri rapporti commerciali».

Sostenibilità, quindi, vuol dire anche creare un circuito virtuoso?

«Ricompensare nella giusta maniera il lavoro che c’è dietro un prodotto è anche una questione di etica. Nel caso del contadino la vendita diretta senza intermediazione permette di poter proseguire la conduzione dell’azienda e, nello stesso tempo, di evitare le monocolture che, intensive o meno, impoveriscono il terreno. È vero che siamo solo chef ma è bene che ci si renda conto che, a lungo termine, con le monocolture non ci potrà essere nutrimento per gli 8/9 miliardi di persone. Inoltre gli chef, al di là della preparazione dei piatti, hanno anche la responsabilità di comunicare il proprio “pensiero” sul cibo e la visibilità del cuoco aiuta in questo compito».

Come si può fare educazione alla gente comune?

«Facendosi portavoce della propria filosofia. Un’altra cosa importante, in questo periodo, è che i giovani siano coscienti di cosa significhi stare in cucina. Oggi molti giovani ambiscono a diventare chef, ma lo fanno perché pensano al successo. Attenzione però, fare lo chef e andare in televisione sono due mestieri diversi. Per fare lo chef non ci sono scorciatoie, bisogna studiare e avere una base classica importante: senza quella diventa impossibile non sprecare in cucina. E quando si spreca non si guadagna».

Mariella Caruso