Si possono rendere i pasti ospedalieri buoni e sani nello stesso tempo? Niko Romito sta dimostrando di sì. Classe ’74, tristellato al Reale di Castel di Sangro, ideatore del format Spazio, sta sperimentando con la sua divisione “Metodo Niko Romito” in collaborazione con l’Ospedale Cristo Re di Roma, l’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Umana – Sapienza Università di Roma e Analysis Group il progetto “In – Intelligenza nutrizionale”.

Il cuore del progetto si basa sull’idea cara a Romito della standardizzazione dei processi da cui far partire una reingegnerizzazione delle cucine ospedaliere. A questo si aggiunga l’attenzione allo stato di nutrizione e al comportamento alimentare dei pazienti e alla formazione altamente specializzata degli addetti che, per Romito, sono alla base di un ripensamento delle mense ospedaliere e per la ristorazione collettiva.

«Si tratta di un progetto rivoluzionario, socialmente utile. Ciò che mi rende particolarmente felice è il pensiero che il paziente potrà affrontare l’esperienza ospedaliera in maniera diversa perché Intelligenza Nutrizionale diventerà parte integrante del suo percorso di cura, oltre a un prezioso strumento di educazione alimentare», diceva lo chef, a fine 2016, alla presentazione del progetto.

Romito qual è il bilancio dell’esperienza? È un format replicabile?

«Sono anni che parlo di standardizzazione e replicabilità, e Intelligenza Nutrizionale con il suo modello rappresenta appieno questi concetti. Il bilancio dell’esperienza finora è assolutamente positivo, ma siamo solo all’inizio: per la fine del 2018 prevediamo di distribuire pasti a più di 150.000 pazienti all’interno del circuito ospedaliero. Il protocollo ormai è definito, il progetto a regime in due strutture ospedaliere (Cristo Re e Villa Betania), e potenzialmente estensibile a tutti gli ambiti della ristorazione collettiva».

Lei ha dimostrato che attraverso la collaborazione tra scienza e gastronomia è possibile con le stesse materie prime di una mensa aiutare il percorso di guarigione e stimolare l’educazione alimentare. Com’è nata la collaborazione?

«La mia è una cucina semplice: molto elaborata dal punto di vista tecnico, complessa da realizzare, ma semplice nella resa finale. Ho elaborato negli anni una cucina che lavora intensamente sul singolo ingrediente, cercando di esaltarne al massimo il sapore e preservandone il più possibile le proprietà nutrizionali. Nel fare questo lavoro ho studiato la chimica e la fisica degli alimenti, ho applicato (e tutt’ora applico) tecnologie molto avanzate con l’obiettivo di offrire ai clienti del Reale piatti sempre più buoni e insieme bilanciati. Durante questo percorso ho “scoperto” che scienza e gastronomia possono collaborare, che un piatto più essere estremamente buono e insieme sano. Ho codificato tecniche e procedure che dall’alta ristorazione ho portato nella ristorazione collettiva. Ho affiancato concetti apparentemente in contrasto, dimostrando che con metodologie e strumentazioni adeguate anche con una materia prima non eccellente si possono ottenere piatti gustosi, e che un piatto può essere molto buono e insieme molto sano, senza spendere cifre folli e, anzi, ottimizzando i processi di produzione e quindi anche i costi. Questa è la portata educativa e imprenditoriale di Intelligenza Nutrizionale».

È possibile, in qualche modo, un percorso inverso: ovvero fare educazione alimentare in un ristorante?

«Io penso di sì, ed è quello che faccio in tutti i miei ristoranti: a Casadonna serviamo il pane come portata unica (un pane frutto di anni di studio su impasti, farine e lievitazioni); in carta da Spazio (sia a Roma che a Milano) abbiamo dei piatti 100% vegetali che non hanno nulla da invidiare a un brasato in quanto a corposità e intensità del sapore. I miei menù (ad eccezione del progetto IN, evidentemente) non nascono con un obiettivo salutistico, ma le tecniche che utilizzo e la mia filosofia di cucina orientata alla semplicità mi portano naturalmente a lavorare con cotture dolci, eliminando quasi completamente grassi e zuccheri, lavorando sulla stratificazione di singoli elementi piuttosto che sull’addizione di ingredienti diversi».