“Buon appetito, la cucina senza sprechi” è stato il claim della cena speciale promossa dall’Ambasciata d’Italia in Spagna e preparata dall’Ambasciatore Alfonso Caputo presso l’Hermanedad del Refugio, la mensa sociale del quartiere Malasaña di Madrid, in occasione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo.
«E’ stata una cena molto particolare preparata con gli scarti raccolti nei mercati comunali di Madrid – racconta Caputo de La Taverna del Capitano di Nerano -. Con carcasse di pollo, scarti di pesce e di verdure, ossa di manzo ho preparato, insieme a mia sorella Mariella Caputo e al mio staff, una cena per 300 persone mettendo in tavola una zuppa con pesce, pomodoro, aglio e crostini, pasta con una salsa alla genovese preparata con ossa di manzo e cipolla e un tramezzino ripieno con carne di pollo e verdure a dadini».

Non sprecare è un dogma per Massimo Bottura che con i suoi Refettori, realizzati da Milano a Bologna, da Londra a Rio de Janeiro, serve pasti utilizzando prodotti di recupero. «Non abbiamo bisogno di produrre di più per nutrire il pianeta, ma soltanto di sprecare di meno», è solito dire lo chef modenese.

La narrazione della cena, le parole di Bottura e la campagna #iononspreco del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ci danno l’occasione di affrontare l’argomento con uno sguardo particolare ai ristoratori.
Come si fa a non sprecare nella cucina di un ristorante d’alta cucina, come si riutilizzano gli scarti e perché ancora in Italia stenta a crescere la cultura della doggy bag.
«I tempi sono cambiati, molti anni fa non c’era bisogno di chiedere la doggy bag antispreco perché tutto quello che rimaneva nei piatti del ristorante veniva gettato nel bidone per i maiali di casa – spiega Alfonso Caputo -. Adesso per evitare il bidone dell’immondizia c’è la doggy bag, da noi in tanti la chiedono dicendo che hanno un parente che è rimasto a casa o il cane cui portare i resti. In realtà ci sono ancora delle remore».
Diverso, invece, è il caso degli scarti di lavorazione di cucina. «Nella nostra cultura non si getta via nulla: con le lische prepariamo i sughi, molti scarti frullati diventano mousse. Il nostro principio è che tutto che è commestibile è utilizzabile in cucina. Per poter seguire questa strada, però, occorre una profonda conoscenza degli ingredienti e la Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) ha cambiato molto le carte in tavola».

Dalla Campania alla Lombardia, precisamente in Valtellina, affrontiamo lo stesso argomento con Franco Aliberti, Ambasciatore salernitano di Scafati che cucina al ristorante La Preséf dell’azienda agricola agrituristica La Fiorida.
«Noi produciamo nell’azienda agricola il 70% delle materie prime che compongono i piatti del nostro ristorante. Avere la coscienza della fatica del contadino, dell’allevatore, del casaro che producono la materia prima che poi portiamo a tavola aiuta molto a capire che ogni prodotto deve essere trattato con il massimo rispetto e utilizzato in ogni sua parte, scarti compresi», attacca Aliberti. «La mentalità dell’agriturismo è quella di avanzare il meno possibile, ma in generale per poterlo fare serve la molla della coscienza personale e un approccio culturale, scientifico e tecnico con le materie prime. Per evitare di sprecare serve anche attenzione nel fare la spesa: personalmente preferisco comprare di meno e farlo più spesso piuttosto che rischiare di trovarmi con materie di qualità inferiore o addirittura di scarto», continua Aliberti che della mentalità antispreco ha fatto da sempre un suo punto di forza. «Il riutilizzo degli scarti, poi, aiuta la creatività specialmente in una cucina come la mia nella quale utilizzo esclusivamente prodotti di stagione e del territorio – conclude -. Senza la lavorazione degli scarti sarebbe difficile dare vita a piatti interessanti con pochi ingredienti».
Mariella Caruso