«Un triennio formativo per ottenere la qualifica di Operatore di gastronomia e arte bianca e assolvere l’obbligo scolastico; un quarto anno di alternanza scuola-lavoro con il 60% del tempo in azienda e il 40% in aula; un quinto anno che consente l’accesso all’Università e al Centro di Alta Formazione che forma figure altamente specializzate nel settore della ristorazione con il corso biennale per Tecnico superiore di cucina e ristorazione con i due indirizzi “Alta Ristorazione” e “Cucina italiana e Arte Bianca”». È questa l’organizzazione del Centro di Formazione Professionale Enaip di Tione di Trento, spiega Laura Fratton, coordinatrice del settore Alberghiero e Alta Formazione di cucina e della ristorazione del Cfp. «In Trentino non ci sono istituti alberghieri di Stato e la Provincia Autonoma di Trento ha supplito con Cfp in tutti i comprensori più importanti», continua Fratton che lunedì 29 ottobre all’Istituto alberghiero Carlo Porta di Milano parteciperà a Prima la Formazione, convegno annuale dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, intervenendo alla tavola rotonda “Un’offerta formativa pronta alle professionalità del futuro”.

Professoressa Fratton, il sistema trentino per la formazione in ambito gastronomico funziona?

«Sì, la Provincia di Trento ha voluto privilegiare un sistema altamente professionalizzante. La caratteristica è un piano di studio che si adegua al mercato del lavoro e alle competenze che servono nel mondo del lavoro».

Ci fa qualche esempio?

«Durante il quarto anno il corso di studi comprende la comunicazione perché l’evoluzione dei saperi in linea con ciò che è davvero utile nel futuro degli studenti è fondamentale».

Secondo lei il sistema trentino potrebbe essere portato ad esempio per la formazione in ambito gastronomico?

«Direi di sì, in molti sono venuti a osservare il sistema. Al momento c’è la criticità dell’obbligatorietà della frequenza del quinto anno per l’accesso all’alta formazione che, fino a poco tempo fa, non era necessaria. Se si potesse conseguire un diploma professionale al quarto anno come nella maggior parte dei paesi europei ed extraeuropei tutto sarebbe più lineare. Questo dovrebbe sposare il fatto che ai ragazzi occorre dare professionalità in linea con le reali necessità».

Da responsabile delle selezioni per l’ammissione al Centro di Alta Formazione di cucina e della ristorazione dell’Enaip di Tione di Trento non riscontra queste professionalità?

«I ragazzi che chiedono di essere ammessi all’Alta Formazione arrivano da tutta Italia. Non c’è mai stata differenza dal punto di vista culturale tra chi arrivava con un diploma in tasca e i nostri ragazzi che avevano alle spalle quattro anni di studio, ma i ragazzi del nostro Centro hanno delle competenze professionali più elevate. All’inizio i “nuovi” soffrono, ma in poco tempo riusciamo a riallineare i saperi».

Di cosa avrebbe bisogno, in Italia, la formazione odierna in ambito gastronomico?

«Di una focalizzazione sul metodo e sull’organizzazione. Accanto alla tecnica della cucina, della pasticceria, della panificazione occorre una formazione manageriale: dal food cost in poi che all’Enaip di Tione di Trento consideriamo fondamentale».

In che modo armonizzate i vostri programmi di studio con le necessità del mondo del lavoro?

«Da anni abbiamo rapporti costanti con aziende ed è fondamentale anche il riscontro degli studenti durante il quarto anno di alternanza. Sono convinta che per fare una buona scuola occorre guardare avanti sia sotto il profilo dei programmi, ma anche della didattica, del metodo di insegnamento. Non si può insegnare allo stesso modo di venti e nemmeno di dieci anni fa, ci si deve evolvere. Purtroppo, invece, la scuola tende a ripetersi».

Voi riuscite a farlo grazie alla vostra autonomia?

«No, tutti gli istituti potrebbero farlo. Pilotare l’innovazione nella scuola, però, è molto complicato e richiede tempo».


Come è organizzata la vostra Alta Formazione?

«Dura due anni e per ogni 12 mesi gli studenti ne trascorrono 6 in azienda e 6 in aula dove i docenti sono professionisti del settore, da Alfio Ghezzi con cui abbiamo progettato la parte tecnica, fino a Piergiorgio Giorilli e Andrea Tortora solo per citarne alcuni».

Durante gli stage e i tirocini riscontrare criticità nella gestione degli orari o di altro genere?

«Gli stage orientativi non danno particolari problemi perché si tratta di periodi brevi, non abbiamo problemi nemmeno con l’Alta Formazione perché si tratta già di studenti che hanno già identificato il loro percorso. Qualche piccola criticità può esserci nei tirocini del quarto anno, anche se noi oltre che tecnicamente prepariamo psicologicamente i ragazzi all’ingresso in un mondo diverso e non edulcorato e lavoriamo molto sugli abbinamenti. Detto questo i più grandi problemi arrivano dalle madri che, in genere, sono meno preparate dei figli al distacco».

Quale potrebbe essere il contributo dell’Associazione Ambasciatori del Gusto nell’ambito della formazione?

«Al di là di un progetto valido come “Fare formazione” con gli Ambasciatori che portano le loro conoscenze nelle scuole, secondo me l’Associazione potrebbe contribuire alla codifica di un metodo e delle tecniche italiane. Per quanto mi riguarda mi infastidisce che tutti considerino fondamentale nella formazione un passaggio nelle cucine francesi per apprendere il loro “metodo”, penso sia arrivato il momento di averne uno nostro».

Mariella Caruso