di Lisa Casali

Cosa fare quando rispetto della tradizione e sostenibilità ambientale non vanno nella stessa direzione? Cosa, ad esempio, se un piatto tipico della nostra Regione prevede un ingrediente che è in via di estinzione? Meglio far finta di niente pur di non cambiare le proprie abitudini, o mettere in discussione la tradizione e reinventare il piatto in una chiave più etica e sostenibile? La tentazione di mettere la testa sotto la sabbia e ignorare il problema sembra la scelta più semplice, anche se così non si affronta un problema che non solo non sparirà, ma peggiorerà sempre di più. Ogni cuoco ha una responsabilità rispetto ai propri clienti ma anche rispetto alla tutela del territorio e delle sue risorse e l’Associazione Ambasciatori del Gusto ha nei propri principi fondanti proprio contribuire alla sostenibilità ambientale del nostro territorio e dei nostri mari.

Il 2020 sarà un anno di grandi sfide ambientali e potrebbe essere anche l’anno decisivo in cui i nostri cuochi avranno preso coscienza di questi problemi e avranno deciso di fare qualcosa di concreto, come togliere dal proprio menù quelle specie più fortemente sovrasfruttate.

È anche il momento giusto come consumatori per chiedere da parte di produttori, cuochi e aziende un impegno per la sostenibilità ambientale che sia reale e concreto e che non trascuri anche gli aspetti più scomodi. Mi riferisco in particolare al problema della sovrapesca, che è estremamente grave nel Mediterraneo: il 78% degli stock ittici è sovrasfruttato.

È proprio questo numero che è stato come una rivelazione e mi ha fatto dire che tutti dovevano essere a conoscenza del problema e fare la loro parte. E visto che non ho dubbi sul grande potere di influenza e sensibilizzazione che possono esercitare i nostri cuochi è da loro che ho deciso di partire. Per farlo ho però chiesto aiuto a WWF Italia e ai suoi esperti con cui mi sono consultata per individuare quelle specie che necessitano di un’attenzione prioritaria.

Nonostante la situazione critica del Mediterraneo e la grande difficoltà per i nostri cuochi di approvvigionarsi di pesce che sia locale e sostenibile, c’è qualcosa di concreto che possono fare gli chef e noi come consumatori: evitare quelle specie che oggi si trovano in una situazione di forte sovrapesca, che rischiano di sparire e per le quali non esiste un’alternativa sostenibile né di pesca né di allevamento. Per queste cinque specie l’alternativa è da ricercare in altre specie o in altri ingredienti:

Anguilla (Anguilla anguilla)

L’anguilla è uno dei prodotti ittici nella situazione più critica, è infatti ufficialmente in via di estinzione sia che sia pescata in mare, come in un lago o un fiume. L’IUCN (International Union for Conservation of Nature) ha inserito l’anguilla nella Lista Rossa delle specie in via di estinzione già da alcuni anni e WWF la consiglia come “da evitare” nella seafood guide pescesostenibile.wwf.it. Ad oggi non esistono forme di allevamento sostenibile per questo animale in quanto tutte le anguille che troviamo come allevate sono in realtà state pescate nei nostri mari dove sono giunte da molto lontano per nutrirsi e crescere, prima di migrare nuovamente allo scopo di riprodursi. Qualunque cattura effettuata sulle nostre coste o acque interne quindi riguarda individui che non hanno avuto modo di riprodursi. La cattura finalizzata all’allevamento e alla vendita ha pertanto l’effetto di peggiorare la pressione su tale specie già in gravi condizioni di conservazione. Acquistare e consumare l’anguilla oggi è sicuramente un gesto di scarsa attenzione all’ambiente che non andrebbe esaltato in articoli e recensioni. Gli appassionati dell’anguilla dovrebbe essere i primi a impegnarsi per la tutela di questo pesce perché torni a ripopolare i mari e possa in futuro essere nuovamente consumato.

Cernia bruna (Epinephelus marginatus)

La Cernia bruna è già da alcuni anni nella Lista Rossa IUCN come specie vulnerabile. È infatti molto vulnerabile alla pressione di pesca, non è possibile allevarla e le tecniche comunemente utilizzate come le reti da posta e le reti a strascico di fondo procurano gravi danni sia agli habitat che ad altre specie.

Pesce spada (Xiphias gladius)

La popolazione di pesce spada è in declino in tutto il mondo, in particolare nel Mediterraneo a causa della sovrapesca e non è possibile allevare questa specie. Nonostante la Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 relativa a un piano pluriennale di ricostituzione del pesce spada del Mediterraneo, la situazione è tutt’ora critica a causa di pesca illegale, cattura di giovanili che non hanno avuto la possibilità di riprodursi e anche a causa dell’inquinamento dei mari e del bioaccumulo di metalli pesanti che contribuiscono a decimare ulteriormente una specie già in declino.

Rana Pescatrice (Lophius piscatorius)

Nella lista rossa dell’IUCN, le rane pescatrici sono pescate a strascico con frequenti catture accidentali di specie a rischio di estinzione ed effetti negativi sugli ecosistemi e le specie marine. Non è possibile allevarle e ci sono scarse informazioni sullo stato reale degli stock, cosa che impedisce una corretta regolamentazione e tutela della specie che è molto vulnerabile alla sovrapesca in particolare nel Mediterraneo.

Verdesca (Prionace glauca)

Le verdesche soffrono della sovrapesca, ma sono anche spesso vittime di cattura accidentale nella pesca dei tonni e pesci spada con i palangari derivanti, con reti a circuizioni o con lenze. Si registrano numerosi casi in cui la verdesca viene venduta come pesce spada, vista la somiglianza delle carni. Sono nella lista rossa IUCN, non esistono forme di allevamento sostenibili e presentano problemi di bioaccumulo di metalli pesanti come tutti i pesci predatori.

E’ più che mai importante che chef, ristoratori e tutti coloro che attraverso il proprio lavoro contribuiscono a creare una nuova consapevolezza alimentare, conoscano i rischi a cui sono sottoposti gli ecosistemi marini e sappiano adottare criteri di scelta sostenibile dei prodotti. Se oggi sono presenti sulle tavole di tanti ristoranti di cucina d’autore specie fortemente sovrasfruttate, una delle ragioni principali è la mancanza d’informazione e la vendita non sempre trasparente di prodotti ittici.

Approvvigionarsi di pesce sostenibile del Mediterraneo è ancora possibile, ma occorre prestare maggiore attenzione alle scelte che si fanno. In generale per i prodotti ittici consigliamo di scegliere in base a questi quattro criteri di consumo:

  1. Prediligere specie meno comuni, di provenienza locale pescate dalla piccola pesca artigianale;
  2. Fare attenzione ad acquistare pesce adulto (rispettare le taglie minime) che ha quindi già avuto il tempo di riprodursi;
  3. Leggere sempre l’etichetta recante le indicazioni di provenienza e metodo di cattura, previste per legge;
  4. Quando disponibile, scegliere pesce con certificazione di pesca sostenibile o acquacoltura responsabile.

#IoCambioMenu è l’iniziativa con cui invitiamo tutti gli Ambasciatori del Gusto a prendere coscienza del problema e contribuire concretamente alla tutela del Mediterraneo attraverso le proprie scelte di acquisto e il proprio menù. La sfida è sostituire queste 5 specie con altre più sostenibili e non sovrasfruttate, evolvere la propria cucina verso un maggiore rispetto dell’ambiente. Sostenete questa iniziativa condividendo un vostro ritratto con #iocambiomenu.

Fonti:
– Seafood Guide di WWF pescesostenibile.wwf.it – Il WWF lavora per tutelare gli ecosistemi e le specie marine, ma anche le persone che vivono di pesca nel mondo.
– Il sito di IUCN iucnredlist.org – IUCN è l’ Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Fondata nel 1948 è il più grande network globale di soggetti autorevoli sul tema della conservazione della biodiversità e ha la missione di conservare l’integrità e la diversità della natura e nell’assicurare che qualsiasi utilizzo delle risorse naturali sia equo ed ecologicamente sostenibile.