C’era una volta l’olio extra vergine di oliva italiano. E c’è ancora, ma purtroppo quest’anno non ce ne sarà abbastanza per soddisfare le esigenze del mercato interno ed esterno. A certificare l’evidenza, già palese a chi della produzione di olive e di olio extra vergine fa il proprio mestiere, è stata l’Ismea. Secondo le elaborazioni di gennaio 2019 dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare la produzione 2018 di olio di oliva in Italia si attesterà intorno alle 185 mila tonnellate, ovvero il 57% in meno rispetto al 2017. Il calo non è uniforme. Se la produzione in regioni come la Liguria non ha subito cali, anzi è stata molto soddisfacente come rilevato dai produttori del Consorzio Olio Dop Riviera Ligure, ad accusare le maggiori perdite sono state le Regioni del Mezzogiorno, «con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale – sottolinea Ismea – colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate e dei problemi fitosanitari (leggasi Xylella, ndr) che hanno colpito gli uliveti». Il calo della produzione, al di là delle fisiologiche campagne di scarica degli uliveti, è conseguenza diretta dei molti eventi meteorologici con i quali tutti stiamo facendo i conti, ma che in agricoltura hanno ripercussioni devastanti. La Coldiretti stima che nel 2018, a causa del maltempo, siano state almeno 25 milioni le piante di ulivo danneggiate dalla Puglia all’Umbria, dall’Abruzzo sino al Lazio con danni fino al 60% in alcune zone particolarmente vocate. Tutto questo in un Paese che coltiva oltre 500 cultivar lungo quasi tutto lo Stivale e coinvolge 400 mila aziende agricole specializzate.

Il grido d’allarme che riguarda la produzione 2018 fa il paio con quello che riguarda la provenienza dell’olio Evo il cui consumo mondiale, come ricorda Coldiretti, è aumentato del 49% negli ultimi 25 anni anche con la maggiore conoscenza della dieta mediterranea. Nei fatti la produzione interna di olio d’oliva (nelle annate buone tra le 300mila e le 350mila tonnellate) non riesce a soddisfare il fabbisogno di consumo del nostro Paese che si attesta tra le 500 e 600mila tonnellate. Inoltre aumentano anche le esportazioni di olio Evo italiano che sommano tra le 300 e le 400mila tonnellate. L’impossibilità di far quadrare i conti apre le porte a un’altra questione legata alla reale italianità dell’olio che c’è all’interno delle bottiglie. A rispondere al quesito ci sono le importazioni. Solo nel primo quadrimestre 2018 quelle dell’olio tunisino sono state pari a 26,6 milioni di chili facendo segnare un + 260% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’olio che arriva in Italia, però, non è importato solo dalla Tunisia, ma anche dalla Spagna (primo produttore mondiale), dalla Grecia e da altri gli altri Paesi del Mediterraneo. Tutto quest’olio d’oliva viene imbottigliato dalle aziende raffinatrici e confezionatrici italiane la cui arte di creare blend interessanti è riconosciuta internazionalmente.

L’etichetta. Per sapere che olio c’è nelle bottiglie, come ricorda l’Assitol che riunisce le aziende confezionatrici, è bene leggere l’etichetta che, come daregolamento UE n.29 del 2012, deve indicare esplicitamente l’origine dell’olio e le sue caratteristiche. Le diciture possono essere 100% italiano per olio Evo di esclusiva provenienza nazionale oppure Miscela di oli di oliva originari dell’Unione Europea nel caso in cui gli oli del blend siano stati prodotti nell’Ue; Miscela di oli di oliva non originari dell’Unione Europea o Miscela di oli non dell’Unione Europeaper gli oli prodotti fuori dall’Ue; Miscela di oli di oliva originari dell’Unione Europea e non originari dell’Unione europea se gli oli sono misti. Anche la denominazione di origine protetta (Dop) o l’indicazione geografica protetta (Igt) possono essere indicate se l’olio ricade in questo ambito.

Sono vietate, invece, definizioni e riferimenti non contemplati dalla normativa.

Detto questo, al di là delle frodi di cui purtroppo si sente spesso parlare, la lettura e la comprensione dell’etichetta è demandata a ogni singolo ristoratore o consumatore che potrà decidere se leggerla o meno.

(1 – Segue)

Mariella Caruso