«Il glutine fa male solo a chi ha un’intolleranza accertata che viene definita a livello genetico con un test che ne indica la predisposizione, oppure con un controllo dei villi intestinali. Solo in questo modo si può avere una diagnosi di celiachia e di fronte alla diagnosi è necessario davvero eliminare il glutine dalla propria alimentazione». Sono d’accordo Stefania Ruggeri, docente di Scienze della Nutrizione Umana della facoltà di Medicina dell’Università Tor Vergata, e Monica Pagani, biologa nutrizionista che si occupa di intolleranze alimentari, campo oscuro e stati infiammatori con studi a Ferrara, Milano e Padova. Altra cosa, invece, è l’intolleranza.

LA NUTRIZIONISTA – «Quando non c’è una diagnosi di celiachia ma solo una supposizione, oppure un’intolleranza al grano – che non è la stessa cosa -, non è detto che si debba eliminare il glutine, ma è meglio cominciare ad alternare alimenti con e senza glutine», dice Pagani. «Spesso chi ritiene di essere intollerante, lo pensa perché il suo intestino è irritabile. In questo caso, eliminare il glutine può essere addirittura più dannoso perché l’alimentazione gluten free di solito contiene mais, alimento che irrita l’intestino. In questo caso l’ideale potrebbe essere la soluzione riso alimento davvero gluten free», aggiunge la nutrizionista. «Tra le linee in commercio – continua – ce ne sono alcune che contengono solo riso e altre a base di mais e riso. In questo secondo caso se il soggetto celiaco ha anche un’irritabilità a livello intestinale o un’allergia al nichel non basta scegliere il gluten free».

LA DOCENTE – «Quello della celiachia, attualmente, è un problema molto caldo in ambito nutrizionale», ammette Ruggeri, autrice del libro “La nuova dieta mediterranea” che al Mediterranea Apulia Festival, nel weekend, presenterà un nuovo studio sul gluten free. «Abbiamo confrontato oltre 300 prodotti simili con glutine e senza glutine: nei secondi sono stati rilevate quantità maggiori di zuccheri, grassi e sale. Questa è una conferma che, nonostante i prodotti gluten free siano molto migliorati con l’utilizzo di riso che però è un alimento ad alto indice glicemico e può favorire l’insorgenza della sindrome metabolica, quinoa, grano saraceno, non si tratta di alimenti che fanno dimagrire». Difficile, invece, essere precisi in merito alla cosiddetta “gluten sensibility” che, al momento, è ancora in fase di studio.

IL GLUTEN FREE NON FA DIMAGRIRE – Una “fake news” acclarata è che il gluten free non fa dimagrire. «Purtroppo ci troviamo ad avere a che fare sempre più spesso con chi è convinto che una dieta “zero grano” sia un beneficio per la salute e faccia dimagrire. Il motivo è da ricercare nelle tante attrici, tra cui Gwyneth Paltrow, sostenitrici di queste posizioni assolutamente fuorvianti», argomenta Stefania Ruggeri. «Sfatiamo questa falsità – sottolinea anche Monica Pagani -. Gluten free non è sinonimo di ipocalorico, mangiare senza glutine non ha nulla a che fare con il dimagrimento. Purtroppo dietro c’è anche un grosso giro economico e molta gente fa confusione».

RISTORATORI E CELIACHIA – La celiachia, naturalmente, è un tema molto sentito dai ristoratori che, sempre più spesso, si trovano ad avere a che fare con clienti celiaci che conoscendo bene la propria patologia sono attenti a prescindere, ma anche con clienti che si dichiarano intolleranti o che, per moda, preferiscono mangiare piatti gluten free. «I ristoratori non possono certo chiedere il documento di diagnosi – osserva Pagani -. Il consiglio per ristoratori, pizzaioli e chi opera nella somministrazione di alimenti è, quindi, quello di attrezzarsi magari con due linee gluten free: la prima “classica” e una seconda che escluda anche mais, orzo e si basi su riso, miglio, quinoa e amaranto». «Il mio consiglio – aggiunge Ruggeri – è di non entrare mai in polemica con il cliente perché pur in assenza di celiachia ci sono molti integralisti. L’ideale è suggerire delle alternative che, piuttosto che sul concetto di gluten free, si basino anche sul principio dell’alimentazione salutare magari  proponendo piatti a base di alimenti con un basso indice glicemico come quinoa o grano saraceno. Oggi penso che la chiave fondamentale per un ristoratore sia la diversificazione dei piatti».

Mariella Caruso