Oggi e domani, 11 e 12 giugno, finale europea per il Bocuse d’Or a Torino. Ne abbiamo parlato con Marco Sacco: «Non so perché noi italiani il Bocuse d’Or l’abbiamo sempre un po’ snobbato perché, almeno fin qui, è sempre stato un Concorso poco legato all’Italia. Il fatto che quest’anno la finale europea sia stata organizzata a Torino, però, è un segnale che le cose stanno cominciando a cambiare».

L’Ambasciatore del Gusto è il commissario responsabile della giuria per l’esposizione del vassoio al Jury di degustazione di Martino Ruggieri, il candidato italiano che si contenderà il podio europeo del Bocuse d’Or nonché la qualificazione per la finale mondiale in programma a Lione a gennaio 2019 del concorso voluto da Paul Bocuse che l’ha fatto nascere nel 1987. Del Jury di degustazione presieduto dal cuoco ungherese Tamás Széll, vincitore della selezione europea di Budapest nel 2016 e quarto assoluto del Bocuse d’Or di Lione nel 2017, fanno parte anche Jérôme Bocuse, presidente e figlio di Paul Bocuse scomparso lo scorso gennaio, Carlo Cracco, anch’egli Ambasciatore del Gusto, in qualità di Presidente d’Onore, ed Enrico Crippa, presidente del Bocuse d’Or Europe 2018. «Oggi il Bocuse d’Or è diventato l’Olimpiade degli chef che rappresentano la propria Nazione e sono contento della rinnovata attenzione al concorso – dice soddisfatto Sacco -. Adesso è importante carpirne bene il meccanismo per farlo nostro e ambire a un risultato importante in linea con la crescita della cucina italiana nel mondo», continua.

UN «FRANCESE» DI PUGLIA. Non è un caso che la squadra italiana sia capitanata da Martino Ruggieri, attualmente “deputy head chef” al Pavillon Ledoyen di Yannick Alléno a Parigi dove già aveva lavorato a L’Atelier de Joel Robuchon. «Il Bocuse d’Or è un concorso con regole ferree, codificate precisamente, dalle quali non ci si può allontanare. E si tratta, naturalmente, di regole francesi. Per questo Ruggieri ha avuto maggiore facilità di interpretazione a “sposare” il meccanismo», osserva Sacco che, in occasione del Bocuse d’Or, ha dedicato al grande maestro francese la re-interpretazione di quattro ricette, uova in camicia alla Beaujolaise, gratin di maccheroni, pollo di Bresse in fricassea con spugnole e tarte tatin. «Non si è trattato di una copiatura – spiega lo chef d’acqua dolce – ma di un’interpretazione di piatti che fanno parte della storia di Paul Bocuse realizzati con ingredienti italiani».

ITALIA VS. FRANCIA. «La cucina d’Oltralpe è fatta di codifiche precise perché non c’è ricchezza di materia prima, la loro cucina quindi è fatta a immagine e somiglianza delle loro eccellenze», continua. In Italia, invece, a dominare la scena della cucina, sia d’autore sia casalinga, sono gli ingredienti «che cambiano nel breve volgere di una manciata di chilometri – chiosa ancora lo chef bistellato del Piccolo Lago -. Prendiamo una lasagna, di codificato c’è solo il nome, poi è tutto un fiorire di interpretazioni». «Questo è la conseguenza logica del fatto che la cucina italiana parte dal prodotto e dall’interpretazione che ne dà ogni cuoco. Si tratta del valore aggiunto che sta portando la cucina italiana sempre più in alto nel mondo». E magari un’alta certificazione potrebbe arrivare da quest’edizione del Bocuse d’Or, il primo senza il Maestro e senza Gualtiero Marchesi al quale, a Torino proprio nei giorni del Bocuse d’Or Off, è dedicata la mostra Gualtiero Marchesi. La cucina come pura forma d’arte realizzata in collaborazione con la Fondazione Torino MuseiPalazzo Madama, GAM Torino e la Fondazione Gualtiero Marchesi.

Mariella Caruso