AMBASCIATORE

Veronese classe 1967, Renato Bosco si è affacciato a soli 15 anni e quasi per caso al mondo della ristorazione. Entrato in una pizzeria di salernitani come cameriere, nel 1985 per la prima volta ha anche imbracciato la pala. Una folgorazione: ha capito l’importanza delle materie, del sapore di un certo pomodoro, di quell’ottima mozzarella… Nel 1996 ha “scoperto” pure il lievito madre e continuato imperterrito a studiare, approfondendo persino l’arte della pasticceria, per cui ora propone ottimi lievitati dolci.

Nel 2006 insieme a Samantha, compagna di sempre, ha aperto la sua prima pizzeria, un take away a San Martino Buon Albergo, alle porte del capoluogo scaligero: si chiamava Pizzadarè, la Pizza da Renato, ma c’era chi lo accusava di volere fare il fenomeno, di proporre la Pizza da re, la pizza del migliore. Tre anni più tardi al numero civico attiguo si è liberato un negozio: Bosco ne ha approfittato per allargarsi e strutturare il suo Saporè, entrato ben presto nell’Olimpo della nuova pizza italiana, quella contemporanea, o gastronomica che dir si voglia. Un successo crescente.

Lì si è meritato il nomignolo di “pizzaricercatore”, perché se Simone Padoan è l’inventore riconosciuto di questa “nuova pizza”, Bosco – quasi suo vicino di casa – è colui che più di tutti lavora su impasti, studia farciture e innova la proposta, sempre utilizzando farine selezionate e lunghe lievitazioni. Che sia rotonda, in teglia, alla romana (lui la chiama “doppio crunch”), a metro, creativa o persino cotta in acqua insieme al vino amarone, la pizza firmata Bosco è d’autore: presenta grandi alveolature e, nel caso della romana, una croccantezza senza pari.

Saporè ha ora anche una seconda sede, in centro a Verona. E Bosco è infaticabile animatore del progetto Figli di Pastamadre Viva, nato dal comune intento di un gruppo di professionisti della panificazione: tutelare l’uso della vera pasta madre viva rendendo riconoscibili i prodotti con essa realizzati.