Cannavacciuolo Antonino
Villa Crespi
Antonino Cannavacciuolo, classe 1975, è l’autore originale di una sintesi mirabile tra due delle più grandi tradizioni italiane, quella campana e la piemontese. È anche cuoco televisivo, certo, tra Masterchef, Cucine da Incubo e chissà quant’altro: ma soprattutto è un omone che ha la cucina nel sangue, e che non avrebbe potuto fare nient’altro che il cuoco.
L’illuminazione lo coglie già tredicenne, mentre stropiccia le pagine dei libri di scuola: «Se non mi mandate a cucinare, io non faccio niente», dice ai suoi. Quelli – golosi di loro – per fortuna cedono subito. D’altra parte papà Andrea è chef a sua volta e ha cresciuto il figlio in mezzo alla bontà: «Da bambino giocavo sempre tra gli ingredienti. E’ per questo che oggi non mangio mai un pollo che non sappia di pollo».
Apprendistato campano tra indirizzi illustri, ma conta anche la maestria di mamma Anna, «la cuoca più perfezionista che abbia mai conosciuto». Nel 1990, sedicenne, è al Sonrisa, cinque stelle di Sant’Antonio Abate, a tagliare prosciutti e sgusciare uova. Altre tappe formative: Vesuvio e San Vincenzo di Sorrento. Poi la svolta.
Perché Cannavacciuolo, ormai forte delle sue salde basi campane, prende il treno e sale in Piemonte. È il 1995, lui ha soli 20 anni e ad attenderlo è una certa Villa Crespi, tradizione sabauda. Ben figura, e viene mandato a farsi ulteriormente le ossa all’Approdo di Pettenasco (dove conosce Cinzia Primatesta, figlia dei proprietari e futura compagna di lavoro e di vita) e al Quisisana di Capri con chef Nazzareno Menghini e sous chef Oliver Glowig. La strada è spianata: i Primatesta comprano nel 1998 la suddetta Villa Crespi, affidandola ad Antonino che, per non lasciare nulla al caso, acquisisce anche granitiche basi francesi prima, nel 2000, all’Auberge de l’Ill a Illhausern, in Alsazia, insegna leggendaria, illuminata dalle 3 stelle Michelin da quasi mezzo secolo; poi al vicino Buerehiesel di Strasburgo, tempio in cui officiava un altro grande cuoco, Antoine Westermann, 3 stelle Michelin a sua volta (poi raddoppiate al Drouant di Parigi). Così si crea un grande ristorante italiano.