AMBASCIATORE

Dentro ogni creazione di Angelo D’Amico c’è una passione vasta e tantissimo amore per il proprio territorio d’origine. E c’è, altrettanta e inesauribile, curiosità vivacissima che sostiene tutte le ispirazioni, tutte le sue creazioni. Lo sguardo di Angelo si è ampliato a dismisura con esperienze formative di straordinario valore prima di tornare alle origini e guardare alle sue radici con una prospettiva matura, cosciente e consapevole per una cucina senza fronzoli e artifizi, esplosiva nelle sensazioni gustative quanto autentica nella sostanza ed essenzialmente elegante nella forma.

Nato a Vico Equense da genitori beneventani, Angelo può vantare un importante curriculum, avendo accumulato esperienze di rilievo presso alcuni dei più apprezzati chef e ristoranti in Italia e all’estero. Con curiosità e pervicacia, attraverso questi passaggi, ha contaminato la sua cucina e la sua cultura gastronomica, confrontandosi con tecniche moderne e tendenze contemporanee come pure con la cucina classica francese, evidentemente senza mai dimenticare le sue radici. La cucina di casa, i sapori veri, quelli intensi e forti della sua terra, quelli delle ricette di nonna Lucia, sono costantemente oggetto della sua indagine, della sua ricerca e, in ultimo, della rivisitazione più attuale.

Formatosi all’Istituto Alberghiero di Benevento, Angelo è partito giovanissimo “per apprendere sul campo – come ricorda sovente – la complessa arte della cucina”.

Prima a Roma all’Eden con Enrico Derflinger per circa due anni, poi a Palazzo Sasso di Ravello con Anthony Genovese per tre anni, quindi al Cracco Peck a Milano con Carlo Cracco, poi un anno ad Oxford al Le Menoir di Raymond Blanc e a Parigi all’Arpege di Alain Passard. A seguire, ancora un anno fondamentale con Bernardino Lombardo e ben sei anni a Labico nel ristorante di Antonello Colonna come executive. È poi tornato a casa a quarant’anni per intrecciare finalmente tutto il sapere acquisito in viaggio alla cultura più profonda e più genuina del suo territorio d’origine, dando vita – con il supporto indispensabile del fratello minore Giuseppe, maître e sommelier in sala – alla Locanda Radici.

Il tema della sostenibilità connesso all’impatto ambientale, al risparmio energetico e al riflesso economico diventa determinante nella gestione della Locanda Radici grazie a Giuseppe, laureato in ingegneria energetica, che ha sviluppato un complesso modello matematico-analitico che consente di valutare l’impatto ambientale di ogni piatto proposto. Perché anche le radici quadrate aiutano a sostenere un tema tanto sentito e determinante. Risparmio energetico ed emissioni di CO2 (con lo scopo, evidente, di ridurle al minimo) diventano i parametri cardine monitorati dalla produzione della materia prima fino alla sua trasformazione. La selezione accurata dei fornitori, che non può più prescindere da questi parametri, e la particolare attenzione che segue nella realizzazione dei piatti, consente finda ora di segnalare già nel menu, attraverso il simbolo del trifoglio, piatti particolarmente ecosostenibili.

“Radici significa memoria. E significa anche evoluzione, ricerca, contemporaneità, impegno. Radici è un sentimento, guidato dal rispetto e sostenuto dall’incessante apprendimento, che punta dritto all’essenza dei sapori più autentici e genuini”.