AMBASCIATORE

Andrea Aprea

Andrea Aprea Ristorante

Andrea Aprea porta sulla scena gastronomica italiana il senso di una ricerca tra memoria e presente, anteriorità e contemporaneità.
Napoletano – classe 1977 – dopo gli anni della formazione spesi in alcune delle più importanti cucine in Italia, Asia e Gran Bretagna sceglie di sviluppare il proprio personale percorso poetico andando a definire un nuovo senso del rapporto tra cibo ed esperienza dei sensi.
Un percorso professionale ventennale, che non cerca padri o tradizioni cui appartenere, lungo il quale Aprea ha costruito il proprio personale approccio alla tavola fino ad ottenere, nel 2012, la prima Stella Michelin al Vun Andrea Aprea del Park Hyatt Milano – il primo ristorante d’hotel ad aver ricevuto una stella Michelin nella storia di Milano. La seconda Stella arriverà cinque anni dopo, nel 2017.
Oggi, è Chef Patron del nuovo ristorante “Andrea Aprea” all’ultimo piano della Fondazione Luigi Rovati, al 52 di Corso Venezia a Milano, che ha ottenuto due stelle Michelin a due anni dall’apertura, in uno splendido palazzo d’epoca con una segreta corte verde.
Questa apertura segna l’avvio del progetto imprenditoriale di Aprea che torna al suo pubblico per continuare il percorso di ricerca di sempre, e definire in un solo luogo un approccio olistico che guarda alla qualità totale dell’esperienza.
Una filosofia gastronomica
La cucina di Aprea, si propone infatti di innescare un processo di scambio tra differenti luoghi dell’esperienza – nel ricordo, nello sguardo, nell’olfatto, nel palato – alla ricerca di nuove esperienze attraverso cui definire il sapore della contemporaneità. Concetti che ritroviamo nei tre percorsi gastronomici proposti al pubblico: – Contemporaneità, un percorso di 5 portate dedicato al rapporto tra memoria e innovazione
– Partenope, viaggio in 6 portate nelle suggestioni della Campania
– Signature, esperienza assoluta nella filosofia dello chef in 8 portate.
Il tempo è un ingrediente fondamentale di questo viaggio nei sensi. Perché la più grande fonte d’ispirazione dello chef è la memoria: le emozioni, la conoscenza del territorio e la cultura che ha forgiato la cucina italiana. È il ricordo che crea una sospensione del presente per accompagnare l’ospite in un’altra dimensione temporale.
Il viaggio gastronomico comincia nella scelta delle materie prime. I rapporti tra acidità, sapidità, amaro e dolcezza sono alla base delle proposte della carta, così come i rapporti formali e di consistenza dei cibi presenti nel piatto, proprio per concedere un’alternanza di vibrazioni palatali: tra morbido, sapido, acido, dolce, leggermente piccante, in un dialogo continuo tra sapori vicini e opposti.
È così che ai concetti di innovazione e modernità, Aprea preferisce dedicarsi al tema della contemporaneità, per definir la quale combina la tecnica con l’esperienza, l’emozione con la cultura, l’estetica con la precisione del gesto.
Perché se ciò che noi chiamiamo tradizione altro non era che il presente dei nostri antenati – un presente che ha saputo meritare attenzione durevole, che ha superato la prova del tempo, delle mode, per diventare un presente assoluto ed arrivare fino a noi – la contemporaneità è invece la capacità di interpretare lo spirito del proprio tempo, e costruire su di esso ipotesi di futuro.
Flaviano Capriotti ha disegnato una cornice estetica per contenere ed esprimere la filosofia gastronomica di Andrea Aprea, dando luogo ai significati, sfondo alle attese, contesto al rapporto tra forma e sostanza. Gli interni del ristorante sono stati pensati per creare un percorso conoscitivo e di sorpresa, in una continua alternanza tra chiaro e scuro, come nel dialogo tra le superfici di bucchero nero e il lungo percorso vetrato, pensato per conferire un senso di intensità teatrale allo spazio. Le pareti ed il soffitto della sala centrale corrono inclinate per indirizzare lo sguardo verso la cucina a vista che risulta il centro di tutta la rappresentazione e il contrappunto estetico dell’esperienza palatale. Effetti scenici dettati a creare sorpresa e stupore, rendono il rapporto tra movimento e svelamento dello spazio in una sequenza di graduali scoperte. I materiali sono puri, lasciati al loro stato naturale, privi di decoro o colore aggiunto; le texture sono quelle dei materiali stessi: il legno, il bucchero, il gesso e la pietra. Il progetto nel suo insieme non aggiunge orpelli o rende concessioni alla leziosità. Lo spazio resta intatto, nel favorire la concentrazione verso l’esperienza dei sensi, dove l’unico protagonista deve essere il rapporto tra uomo e cibo, intimità del gusto e stupore dello sguardo.