Marco Sacco
Piccolo Lago
Tutto ebbe inizio da Gastone e Bruna Sacco, quando aprirono un loro primo ristorante a Pallanza, correva l’anno 1965, il piccolo Marco aveva tre mesi di vita, «mia madre metteva la culla nella zona di passaggio tra la cucina e il servizio in sala». Nel 1974 secondo ristorante, che ancora oggi porta il nome Piccolo Lago, «mio padre mi ha fatto salire su una cassa e ho visto le pentole, ho sentito i profumi e mi sono affacciato su un mondo magico che non ho più abbandonato. Con gli anni questa passione quasi innata è diventata curiosità, interesse e poi conoscenza. Così sono cominciati i viaggi, ho imparato dai maestri (soprattutto francesi, tra cui Roger Vergé e i fratelli Rimbault de L’Oasis), dal territorio e dai nuovi sapori incontrati in giro per il mondo. Quando ritorno a casa la trasformazione è completa e nascono i miei piatti». Parla Marco Sacco, dal suo gioiellino bistellato (le stelle si sono illuminate nel 2004 e 2007) che sembra tuffarsi nel lago col nome dal comune confinante, Mergozzo.
Nel 1991 col fratello Carlo ha preso dai genitori le redini ai fornelli, creando un Piccolo Lago a sua immagine, «bisogna sempre fare i passi giusti, siamo chef proprietari noi…», il che impone il rispetto di due regole: «Rinnovarsi senza voler correre troppo. Mantenere grande costanza». Rispetta il rito antico che prevede il tramandarsi dei saperi e dei sapori: «Non siamo Oltralpe, non abbiamo la loro cultura a tavola. Non siamo spagnoli, abbiamo una storia gastronomica troppo grande. Siamo italiani e abbiamo il territorio, da quello dobbiamo partire: poi lavoriamolo con tutte le moderne tecniche, ma è il nostro dna e dobbiamo rispettarlo». Il suo slogan è “riprendere il passato, modellarlo nel presente, proiettarlo nel futuro”. Viaggia spesso, ama confrontarsi con altre culture gastronomiche, ma poi innesta quanto appreso nella dimensione che gli è familiare, «questa è una zona che offre prodotti straordinari» dice con l’orgoglio di chi ne è diventato un fiore all’occhiello: lui nato a Premosello Chiovenda «dove ho sempre respirato il profumo della natura, il verde dei prati e dei boschi, e quello della stalla, del nonno che mi portava a mungere alle 4 di mattina».
«I miei prossimi progetti? Partire con mia moglie. Star via tanto tempo, visitando le città dei nostri sogni. Quando? Tra un decennio», ossia non appena una nuova generazione sarà pronta, ai fornelli di Verbania, «prima non posso, ho troppo da fare».