Il gelato è un alimento democratico perché è per tutti: chiunque può permettersi di gustare una coppetta o un cono. Peccato, però, che il gelato non sia sempre quell’alimento sano e nutriente che ci si aspetterebbe. Non basta, infatti, che una gelateria si proclami artigianale affinché il consumatore possa avere la sicurezza che quello in vendita sia un gelato di alta qualità. «Purtroppo in Italia non esiste una regolamentazione che stabilisca quali sono i requisiti di una gelateria artigianale, quindi ognuno può scrivere ciò che vuole», spiega l’Ambasciatore del Gusto Paolo Brunelli, gelatiere marchigiano con bottega artigianale in quel di Senigallia. «Questo non vuol dire – continua – che un consumatore attento non possa rendersi conto della qualità del gelato che sta mangiando. Basterebbe che, oltreché alla piacevolezza del gusto, controllasse la lista degli ingredienti che ogni gelateria è obbligata a esporre». E se nella lista si trovi ad avere a che fare con coloranti artificiali, grassi vegetali idrogenati e aromi di sintesi, le domande in merito all’artigianalità della gelateria dovrebbero essere più di alcune.

«Il gelato è un prodotto che nasce da una produzione artigianale fatta utilizzando ingredienti freschi come latte, o acqua nei sorbetti, panna, frutta, vegetali, spezie e aromi senza l’utilizzo di semilavorati», aggiunge Corrado Assenza, altro Ambasciatore del Gusto, che a Noto lavora soltanto ingredienti freschi. «L’artigiano gelatiere – sottolinea il siciliano – deve essere in grado di conferire profumi e gusti e, quando vuole allungare la stagione, conservare, sciroppare o candire la frutta. Un’altra cosa importante è che il gelato si costruisce per mantecatura e non per disintegrazione di un blocco di ghiaccio come succede con il Pacojet utilizzato spesso nell’alta ristorazione per realizzare le creme fredde e le emulsioni che, a volte, con superficialità vengono chiamate gelato».

INFORMAZIONE E FORMAZIONE. Affinché, così come è accaduto nel mondo della pizza grazie a un movimento importante in cui i maestri pizzaioli hanno avuto un ruolo importante, anche per il gelato le cose possono cambiare. «Serve la giusta informazione ai consumatori e la formazione degli operatori del settore», concordano Brunelli e Assenza. «Oggi esiste la convinzione, erroneamente diffusa da alcune aziende che producono basi e semilavorati per la gelateria, che si possa aprire una gelateria in una settimana», lamentano i due. Questo non significa che tutti i semilavorati debbano essere demonizzati. «Tecnicamente – spiega Brunelli – un pistacchio o una mandorla ridotti in polvere sono già un semilavorato». «Serve una nuova coscienza in tutto il comparto per un prodotto italiano che si chiama “gelato” in tutto il mondo così come pasta e pizza e non ha bisogno di “spacciatori” di prodotto, ma – conclude Assenza – di gelatieri». A dare una mano potrebbe essere la crescita del “gelato gastronomico” che spinge il palato oltre i tradizionali gusti spostandosi nel salato e cercando abbinamenti inconsueti e l’approvazione di una legge che stabilisca, una volta per tutte, quali siano le caratteristiche di una gelateria artigianale. «A patto, però, che – chiude Brunelli – per metterla a punto chi di dovere consulti chi il gelato artigianale lo fa ogni giorno anche in assenza di una normativa».

 

Mariella Caruso