Il 25 ottobre di ogni anno Sua Maestà la pasta viene festeggiata in tutto il mondo. Dopo Milano, in occasione dell’Expo 2015 dedicato a “Nutrire il pianeta”, e Mosca in questo 2017 è San Paolo a ospitare il World Pasta Day, l’evento internazionale dedicato stavolta allo «spaghetto al pomodoro» che vede l’Ambasciatore del Gusto Antonino Cannavacciuolo tra i tre testimonial. Ma, mentre su Twitter si celebrerà la spaghettata virtuale al pomodoro, in Italia si discute del Decreto sull’etichettatura della pasta voluto dai ministri Calenda e Martina. Dal 17 febbraio 2018 sulle confezioni di pasta secca prodotte di grano duro in Italia dovranno essere riportate obbligatoriamente in etichetta il paese di coltivazione del grano e quello di molitura/macinazione. «Da metà febbraio avremo finalmente etichette più trasparenti sull’origine di riso e grano per la pasta – ha spiegato il ministro Martina -. È una scelta decisa che anticipa la piena attuazione del regolamento europeo 1169 del 2011. Il nostro obiettivo è dare massima trasparenza delle informazioni al consumatore, rafforzando così la tutela dei produttori e dei rapporti di due filiere fondamentali per l’agroalimentare Made in Italy». Il condizionale, però, è d’obbligo.
LA POSIZIONE DELL’AIDEPI – L’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane (Aidepi), infatti, ha presentato il ricorso al Tar del Lazio contro il decreto «perché – sostiene il presidente dei pastai dell’Associazione Riccardo Felicetti – è fatto male: non informa correttamente il consumatore e rischia di far credere che ciò che conta per una pasta di qualità è l’origine del grano. E questo non è vero». Per spiegare i propri motivi i pastai industriali, che «dicono sì a una etichetta di origine trasparente per il consumatore e forte per la filiera», hanno argomentato il loro no in 7 punti chiamando in causa l’articolazione del Decreto, il fatto che non esista una normativa europea univoca, che non tutta la pasta sarà etichettata (sono escluse, tra le le altre, quella fatta con grani Igp e la pasta fresca) oltre a far rischiare, aggiungono «di far perdere all’Italia il suo primato nella produzione della pasta entro 10 anni».
I COLTIVATORI. Dal canto proprio la Coldiretti utilizza il World Pasta Day per plaudire al decreto etichetta che, stando a una consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole alla quale hanno partecipato 26.000 persone, è richiesta dall’85% dei consumatori. «Si tratta – ha scritto la Coldiretti in un comunicato diffuso proprio in vista del 25 ottobre – di un provvedimento fortemente sostenuto per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione che ha provocato una drastica riduzione delle semine. Con l’etichetta arriva un giusto riconoscimento del lavoro di oltre trecentomila aziende agricole italiane che lo coltivano, ma anche la valorizzazione un territorio di 2 milioni di ettari coltivati».
GLI AMBASCIATORI DEL GUSTO – C’è, poi, chi la pasta la impiatta: i cuochi tra i quali anche quelli degli Ambasciatori del Gusto. «È da apprezzare lo sforzo del ministro Martina che ha tentato, tramite un decreto, di fare qualcosa di importante per la protezione del consumatore proteggendo anche l’industria della pasta, elemento imprescindibile della dieta italiana – sottolinea il presidente degli Ambasciatori del Gusto Cristina Bowerman -. Altrettanto apprezzabile è la posizione dell’Aidepi che, con chiarezza, ha esposto una serie di controindicazioni che annullerebbero lo sperato effetto benefico del Decreto sull’etichettatura in questione. Quello che ci si augura è uno sforzo comune che vada nella stessa direzione e che possa garantire le esigenze fondamentali da ambedue le parti. La tentazione dell’immobilità deve essere superata dall’ambizione di trovare una soluzione che promuova il Made in Italy in maniera proficua e intelligente».
Mariella Caruso