Solo un italiano su tre ha l’abitudine di chiedere al ristoratore un contenitore per trasportare a casa il cibo rimasto nel piatto. E se il 18% soltanto raramente fa riporre quanto avanzato nella cosiddetta doggy bag il restante 49% degli italiani lascia che il ristoratore getti via quanto non consumato alimentando lo spreco di cibo. Il dato è riportato nella ricerca Coldiretti/Ixe diffusa in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che ricorre il 5 febbraio di ogni anno e che nel 2019 è giunta alla sesta edizione.
In totale lo spreco alimentare in Italia vale lo 0,88 del Pil, in soldoni si parla di 15 miliardi di euro, somma che si ricava dal totale dello spreco alimentare di filiera che vale oltre 3 miliardi e comprende i dati aggregati di produzione e distribuzione, e quello domestico che rappresenta 11,8 miliardi, ovvero i 4/5 dello spreco complessivo italiano in tema alimentare che fa finire nella pattumiera bevande analcoliche, legumi, frutta fresca e pasta senza nemmeno essere stati consumati. A cristallizzare quest’altro dato è stato il rapporto Waste Watcher 2019 realizzato nell’ambito del progetto 60 Sei Zero del Dipartimento Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna insieme al Ministero dell’Ambiente e della campagna Spreco Zero di Last Minute Market.
Un quadro poco confortante che fa il paio con la mancata percezione della portata dello spreco domestico. Quattro italiani su cinque, autoassolvendo i propri comportamenti, infatti, sono convinti che si sprechi nel commercio (47%) e nella gestione delle mense pubbliche di scuole, ospedali, uffici e caserme (27%). Al contrario è proprio in famiglia che si concentra lo spreco con una media di 600 grammi di alimenti gettati nella pattumiera ogni settimana che equivalgono a un controvalore di circa 28 euro.
«È di facile evidenza come occorra una sempre maggiore attenzione a un tema che si riflette in più ambiti», argomenta Gianluca De Cristofaro, Responsabile tecnico scientifico e delle relazioni esterne e istituzionali degli Ambasciatori del Gusto allargando la visione alle conseguenze dello spreco a partire dallo sfruttamento dei terreni per continuare fino al problema della plastica che sta invadendo gli oceani. «Basti pensare all’ambiente sollecitato da colture e allevamenti intensivi, stressato dall’inquinamento dovuto alla produzione, alla distribuzione e dagli scarti di produzione non deperibili di cui fa parte anche la plastica che è anche negli imballaggi degli stessi prodotti».
Tra le domande somministrate per la compilazione del Rapporto Waste Watcher 2019 c’erano anche quelle sui provvedimenti utili al contrasto dello spreco alimentare. In questo caso il 72% degli italiani ha indicato l’educazione alimentare come primo baluardo per cambiare il comportamento in materia di spreco alimentare, mentre il 20% s’è auspicato il varo di provvedimenti normativi con incentivi e sanzioni in caso di spreco.
«Come Ambasciatori del Gusto riteniamo che l’attività andrebbe concentrata nell’educazione alimentare partendo dagli adulti, in un utilizzo più razionale e ponderato delle risorse, prediligendo la stagionalità. Ormai in pochi conoscono quando un prodotto è disponibile in natura – conclude De Cristofaro -, invece stimolare il desiderio attraverso l’attesa, rinunciare a un prodotto per poterne godere al tempo giusto, educa e amplifica anche il piacere del godimento».
Mariella Caruso