AMBASCIATORE

Scena uno: Franco Pepe è in trasferta in California, novembre 2015: nove giorni tra Los Angeles e San Francisco, gli hanno organizzato sei incontri dove lui è protagonista. Esito? Sempre tutto esaurito, e non certo per il modico prezzo (195 dollari per assistere al cooking show e divorare 4 spicchi della pizza “Pepe style”, con abbinamento vini incluso). Il Los Angeles Times lo definisce “the best pizza maker in the world”, il miglior pizzaiolo al mondo.
Esagerato? No, preveggente. Scena due: il giornalista Daniel Young deve redigere per la casa editrice inglese Phaidon la prima guida mondiale delle pizzerie, Where to eat pizza. Interpella 1.077 esperti – critici gastronomici e pizzaioli – nei cinque continenti, e alla fine stila una classifica, che viene resa nota nel maggio 2016: la Pepe in Grani di Caiazzo risulta prima assoluta. E’ davvero lui, Franco, il numero uno.

È un classe 1963 la cui competenza si fonda sull’esperienza di tre generazioni. I suoi maestri, salvo Piergiorgio Giorilli, sono in famiglia. Nonno Ciccio portava a casa il grano da macinare per sfamare la famiglia: aprì quindi un forno dove vendeva pane e cibi popolari, ovviamente a Caiazzo. Poi eredita l’attività il padre Stefano, quindi i fratelli Antonio e Massimiliano… Franco è figlio di questa scuola, però vede più avanti: vi sono i fautori della pizza tradizionale e gli inventori di quella creativa. Lui si colloca in una posizione equidistante, legato alla tipicità napoletana ma capace di accettare le novità della tecnologia: «La penso come Bottura; facciamo tesoro della tradizione, ma dobbiamo guardare all’innovazione». E ancora: «Insegno ai miei ragazzi a riconoscere i punti di temperatura all’interno di un forno guardando il colore del suolo di cottura. Poi però uso il laser per la conferma».