AMBASCIATORE

Cuoco, imprenditore, collezionista, ristoratore, albergatore, filosofo, poeta, inventore, rivoluzionario, “anarchico ai fornelli”… Tra le tante definizioni date ad Antonello Colonna, prendiamo quella che lui stesso stila nero su bianco sul suo sito: “Maniaco dell’arte e dell’architettura, romano d’animo e di origine, ha fatto del legame con il territorio il suo punto di forza e dell’accoglienza e dell’ospitalità i cardini del rapporto con il cliente”.

Classe 1956, un temperamento impetuoso e un curriculum lungo dieci pagine, che Luigi Cremona sintetizza così, in una piccola porzione delle sue: “Dalla campagna alla città e ritorno. Un percorso, quello di Antonello Colonna, esemplare e fortunato. Sì, perché nella vita ci vuole ingegno, ma anche saper cogliere le opportunità giuste”. Aveva chiuso nel 2007 la storica “porta rossa” di Labico, che era un po’ il simbolo del suo locale d’allora, per andare alla conquista della Capitale con l’Open Colonna nel Palaexpò, ristorante gastronomico sopra e bistrot sotto, molti coperti e altrettanta qualità. Un distacco significativo: a Labico aveva iniziato la sua professione nel 1985, quando aveva assunto il comando dell’attività di famiglia, dando il proprio nome a un ristorante che già nel 1874 era una locanda per viaggiatori gestita dal bisnonno.

Nell’aprile 2012, senza lasciare Roma, il ritorno all’ovile, ma in un resort moderno e funzionale, “sorta di farmer’s school, aperta al mondo esterno, dove si parlano due lingue: l’inglese per capirsi e il romano a tavola”. E si sta davvero bene, mica come in quegli Hotel da Incubo protagonisti del reality show che ha segnato il suo ritorno in televisione, da conduttore, nell’ottobre 2015.