Cinque assaggi tra cui “Macaron salvia e rosmarino con ganache di paté alla toscana e grue di fave di cacao”, due primi tra cui “Toffette Pastificio dei Campi con spuma di zucca, amaretti e mostarda di pere, con ragù di salsiccia e nuvola di Grana Padano Riserva” e per dolce il Mont Blanc. È il menu del pranzo che sarà offerto lunedì 29 ottobre tra le due sessioni mattutine e quella pomeridiana del Convegno annuale dell’Associazione italiana Ambasciatori del Gusto in programma all’Ipseoa Carlo Porta di Milano dal titolo Prima la Formazione. A preparare tutte le pietanze sarà una brigata d’eccezione formata dagli studenti dell’Ipseoa Carlo Porta guidata per l’occasione da Eugenio Boer nella doppia veste di Ambasciatore del Gusto e collaboratore dello stesso istituto. «Lo spirito con cui affronto questo impegno è la condivisione del mio sapere con gli studenti. Io credo tantissimo nella formazione scolastica e nella crescita dei ragazzi e sono felice quando posso fare qualcosa per contribuire alla loro passione in questo primo momento della vita», attacca Eugenio Boer, padre olandese e mamma italiana.
Come sta preparando questo servizio con i ragazzi?
«In maniera molto tranquilla, conosco già la maggior parte di loro che sono miei studenti. Sono sicuro che lavoreremo molto bene».
Lei è entrato in cucina a 12 anni, un inizio molto precoce.
«Che ho condiviso con gli studi all’istituto tecnico commerciale per prendere il diploma di ragionere. Ho cominciato per passione nel ristorante di amici di famiglia a Sestri Levante e mi considero un fortunato perché ho trovato molto presto la mia strada e l’ho seguita e so che non c’è cosa peggiore che fare ciò che vogliono gli altri invece di ciò che si desidera».
Però si è diplomato in Ragioneria.
«Quello è stata la volontà di mio padre che, naturalmente, vedendomi così giovane non poteva essere sicuro che non avrei cambiato idea. Però, non mi ha impedito di fare nello stesso tempo quello che volevo io. Il suo punto di vista era: “Puoi fare ciò che vuoi se fai ciò che voglio io”. Ci siamo stretti la mano e io ho continuato a vivere la vita del ristorante mentre studiavo».
Considerando che il convegno tratta di formazione, lei cosa pensa si dovrebbe insegnare ai ragazzi in un istituto alberghiero?
«La dedizione al lavoro che è molto più importante della passione. La passione non è quella che ti fa alzare tutte le mattine, a spingerti verso un obiettivo e a far bene il lavoro nell’ambito della gastronomia è la dedizione. Il nostro è un lavoro molto particolare perché riguarda il servire il prossimo, nel senso nobile del termine. Chi lavora in sala o in cucina deve essere felice di accogliere, sempre. A scuola va insegnato che quando gli altri si divertono, tu lavori e bisogna essere contenti di poter soddisfare i propri clienti».
Quali sono le caratteristiche di un buon cuoco?
«Il cuoco deve essere curioso, ma deve conoscere pedissequamente le ricette della tradizione. Deve avere dei palloncini che lo fanno volare, ma un chilo d’oro che lo tiene legato alle tradizioni. Io, per esempio, non avendo delle tradizioni personali molto radicate, starei per ore ad ascoltare chi mi mette a parte delle sue conoscenze sulla storia della cucina».
Quali sono, invece, le competenze che devono essere apprese a scuola?
«La conoscenza delle materie prime, le tecniche di taglio, le basi della cucina, ovvero tutte quelle cose che ti permettono di poter cominciare al meglio il percorso professionale nel mondo della ristorazione. Se uno chef in cucina chiede un taglio a bâtonnet o un prezzemolo riccio non deve spiegare, ma sentirsi dire “Sì chef”».
Mariella Caruso