“Italia-Mondo, Andata e ritorno” è il tema scelto dagli Ambasciatori del Gusto per il primo convegno nazionale. A un anno dalla nascita dell’Associazione, all’Open Colonna di Roma, si è discusso di fiscalità, formazione, valore del Made in Italy e della sfida che il cibo italiano dovrà affrontare nel 2018. «Si tratta di temi importanti che per passare dalla fase della progettualità a quella della “realtà” hanno bisogno dell’appoggio e del supporto di tutti gli Ambasciatori del Gusto. Occorre lavorare uniti per lo sviluppo del sistema Italia per diventare polo di aggregazione permanente di tutte le realtà», ha detto aprendo i lavori del convegno la presidente degli Ambasciatori del Gusto Cristina Bowerman.

FISCALITÀ, LA GIUSTA RICETTA. Quali sono le sfide per passare dalle stelle al firmamento? È questo il quesito posto dall’economista Severino Salvemini convinto che si possa, volendo, «coniugare l’alta artigianalità con l'”industrializzazione” a dispetto del continuo osannare il concetto di “piccolo e bello”. Anche nel campo della ristorazione ci si deve presentare come azienda e non come persona fisica e pensare alla successione perché l’azienda deve essere vivere nel tempo e occuparsi della ricerca dei capitali e dell’organizzazione». Non mancano, però, le criticità. «Ci vuole attenzione perché – ha sottolineato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Roma, generale Cosimo Di Gesù – l’indice di infiltrazione criminale nelle attività di ristorazione è molto alto: sul 5,1% di imprese confiscata nel Lazio, il 30% sono attività di ristorazione e alberghi». In definitiva «la tutela contro la concorrenza sleale (fatta da chi per motivi diversi offre piatti a costi più bassi di quelli di mercato, ndr), lo sviluppo di un business plan che aiuti a portare avanti un concept moderno e la collaborazione attiva con la Guardia di Finanza e i commercialisti», ha riassunto la presidente degli Ambasciatori del Gusto Cristina Bowerman, «sono i punti dai quali far partire le sfide per il futuro».

L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE. «È la questione che necessita di più tempo», argomenta l’Ambasciatore del Gusto, consigliere dell’Associazione, Carlo Cracco, presentando il modello studiato per il Centro di Formazione professionale di Amatrice (oggi trasferito a Rieti perché la sede è stata distrutta dal terremoto del 2016) che prevede 5 moduli di eccellenza tenuti da Renato Bosco, i fratelli Serva, Marco Stabile, Mariella Caputo e Marco Reitano. Un progetto che ha l’ambizione di andare oltre. «La nostra intenzione di Ambasciatori è andare nelle scuole, magari abbracciando l’istituto alberghiero territorialmente più vicino a ognuno di noi, per portare lo stesso modulo studiato per Amatrice e far capire quanto sia importante la formazione che non bisogna dimenticare viene prima dell’esperienza che si fa sul campo: la formazione, infatti, attiene a gesti precisi che devono essere patrimonio di chi vuole fare questo mestiere». Anche «la formazione di qualità dei mestieri della ristorazione può essere esportata anche più della mozzarella», ha spiegato poi Alberto Capatti, professore universitario e storico della gastronomia italiana che con Niko Romito, chef del Ristorante Reale di Castel di Sangro, Anna Maria Zilli, presidente Renaia e il neo diplomato all’Alberghiero Maggia di Stresa hanno animato il panel “L’importanza della formazione” mettendo in luce i limiti dell’istruzione pubblica alberghiera «i cui programmi ministeriali sono fermi agli anni 80» a dispetto delle iscrizioni in crescita a causa del boom mediatico che ha fatto risalire il prestigio sociale del cuoco. Cosa che, al contrario, non è avvenuta per il mestiere del cameriere.

LA CULTURA DEL VALORE DEL MADE IN ITALY.  «Otto anni fa mentre lavoravo da Heinz Beck ho ricevuto la proposta di gestire il Ginza Tower Tokyo», ha raccontato aprendo il terzo panel del convegno Italia-Mondo, Andata e ritorno l’Ambasciatore del Gusto Luca Fantin che dopo aver importato per due anni prodotti italiani ha cominciato «a costruire dei rapporti con piccoli produttori e aziende giapponesi che producevano ingredienti della cucina italiana creando una microeconomia sul territorio. Dopo qualche anno ho cominciato a raccogliere i risultati della cucina italiana contemporanea». A dispetto della sua voce pacata a dare una sferzata sono state le provocazioni del pluristellato Ambasciatore del Gusto Enrico Bartolini. «Non basta il racconto del piatto ad attirare quando si apre un ristorante all’estero», ha detto lo chef del Mudec di Milano continuando sulla necessità di valorizzare il «lavoro di sala. Ai camerieri chiediamo troppo: dovremmo avere trumenti per dargli una mano, non possiamo più concedere tempo libero o dare loro la divisa nuova.  La verità è che la loro retribuzione in Italia è molto penalizzata dalla tassazione». A parlare di prodotti italiani, «già patrimonio culturale dell’Unione Europea», dell’«italian sounding che non riusciamo a sfruttare perché occorre ripensare con maggiore consapevolezza alla forza dei nostri prodotti  e a un Made in Italy molto più strutturato», è stato Stefano Vaccari, capo dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari. A parlare, invece, della prossima Settimana italiana della cucina italiana nel mondo (20-26 novembre 2017) è stato Cristiano Musillo. In chiusura del panel l’on. Dorina Bianchi, sottosegretario del Mibact, ha ricordato che il «Made in Italy è il 3° marchio più conosciuto al mondo dopo Coca Cola e Visa e la forza del turismo sta anche nel cibo italiano che gli stranieri in visita nel nostro Paese considerano un metro di giudizio per valutare la propria vacanza».

2018: LA GRANDE SFIDA DEL CIBO ITALIANO – «Uno dei punti di debolezza della filiera è il sistema distributivo – ha affermato Luca Bianchi, capo dipartimento delle Politiche competitive del Mipaaf -. Bisogna accompagnare il processo di distribuzione con quello della divulgazione e della conoscenza della cucina italiana perché il cuoco è uno strumento per far viaggiare il prodotto che arriva da un sistema di piccole e medie imprese che fanno fatica a trattare con la gdo internazionale». Per questo, ha spiegato Bianchi, la strategia del Dipartimento che dirigo è cambiata dicendo basta alle piccole campagne e favorendo invece gli accordi con la grande distribuzione internazionale». Tema correlato è quello dei Consorzi, «che rappresentano centinaia di produttori», come sottolineato da Nicola Cesare Baldrighi, presidente dell’Associazione italiana Consorzi Indicazioni Geografiche. In chiusura spazio alla Tutela della Amatriciana la cui ricetta, entro la fine del 2018, dovrebbe poter fregiarsi del bollino Stg europeo. «Il disciplinare della Amatriciana tradizionale è stato definito la scorsa settimana e sarà indicazione di un tema di carattere culturale come valore di un territorio – ha aggiunto Bianchi -. Entro la fine dell’anno cercheremo di mandare a Bruxelles il disciplinare così da poter avere entro il 2018 un piccolo tassello per dare un’occasione di rinascita e orgoglio di un territorio colpito duramente dal terremoto».

Mariella Caruso