Il turismo esperienziale, chiave di successo per l'evoluzione dell'enogastronomia
Esperienziale, ovvero relativo all’esperienza, qualcosa che è oggetto prima di percezione e quindi di riflessione. Anche il turismo sta diventando sempre più esperienziale. Non basta più scattare foto e fare selfie accanto ai monumenti simbolo. Chi viaggia lo fa sempre più per vivere esperienze, entrare in contatto con la gente del luogo e immergersi nella loro cultura. Nell’ambito del turismo esperienziale italiano i percorsi enogastronomici sono tra i più richiesti perché niente come il cibo avvicina alle altre culture. Accompagnare un viaggiatore in un percorso enogastronomico, però, non è semplice come sembra.

AL TURISMO ESPERIENZIALE SERVONO FIGURE QUALIFICATE. «Il turismo esperienziale riguarda una fascia di popolazione culturalmente interessata e che, per questo, ha bisogno di trovare una contropartita all’altezza. Questo è già riscontrabile oggi e le proiezioni future vanno nella stessa direzione», osserva Elisabetta Moro, professore ordinario di Antropologia culturale dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Ambasciatore del gusto benemerito. «Per costruire percorsi adeguati di turismo esperienziale ci vogliono figure qualificate – continua -. Della formazione di queste nuove professionalità l’Università si deve fare carico anche sotto il profilo della promozione nei confronti di quei giovani che sono interessati ma che fino a questo momento hanno avuto un approccio amatoriale senza comprendere, invece, che quello del turismo esperienziale è un terreno vergine che nel prossimo futuro avrà grandi sbocchi occupazionali». «Per intercettare questo tipo di turismo – continua – non si può andare alla cieca, occorre conoscere l’antropologia culturale e allenarsi, culturalmente parlando, alla diversità. Organizzare questo tipo di tour per un giapponese sarà diverso che fare la stessa cosa per un portoricano perché il loro background e le loro sensibilità sono differenti. Noi italiani, inutile negarlo, in questo tipo di formazione siamo un po’ in ritardo».
LE ESPERIENZE ENOGASTRONOMICHE. «Per poter parlare a un turista della nostra enogastronomia dobbiamo conoscere quella del Paese da cui arriva», entra nel dettaglio la professoressa Moro che, tra le altre materie, insegna Turismo enogastronomico. «Ai miei studenti dico sempre che l’orgoglio per i nostri prodotti alimentari è giusto, ma tradurre quest’orgoglio in valore comunicabile non è semplice. Non basta che io dica che la pasta di Gragnano è un’eccellenza, devo anche riuscire a spiegare perché. Così come devo saper raccontare che l’esistenza in Italia di così tanti formati di pasta è una questione culturale. In definitiva il gioco del turismo esperienziale in ambito enogastronomico è quello di creare sinestesie che facciano sì che i piatti non stanchino mai», sottolinea Moro. Qualcosa, però, comincia a muoversi ricordando il Master post laurea di Comunicazione multimediale dell’enogastronomia del Suor Orsola Benincasa, il nuovo Master di I livello in Scienze e culture gastronomiche per l’educazione alimentare e la promozione della dieta mediterranea al via a gennaio 2020 nello stesso Ateneo nonché il corso di Scienze gastronomiche mediterranee nella facoltà di Agraria dell’Università Federico II e di Hospitality manager nella facoltà di Economia dello stesso ateneo. «Sono segnali importanti in un Paese nel quale finora la cultura alimentare è stata considerata di serie B», ribadisce. Di pari passo anche ristoratori e produttori dovrebbero fare dei passi avanti: «Il know-how familiare di chi è nato in cucina non basta più. C’è bisogno di formazione, anche tematica e veloce con workshop su temi specifici come per esempio sull’organizzazione dei tour tra i produttori che, sovente, sono molto “artigianali”. Perché – conclude – la buona volontà da sola non basta per far decollare il turismo esperienziale enogastronomico».

SAPORE, EMOZIONE E STORYTELLING. Chi da tre decenni si occupa di far conoscere nel mondo il Made in Italy agroalimentare è Silvana Ballotta, titolare di Business Strategies il cui core business è l’internazionalizzazione delle pmi. «L’esperienza è ciò che consente al consumatore che si trova dall’altra parte del pianeta di toccare con mano un prodotto del quale può, in seguito, perfezionare la conoscenza con un viaggio in Italia», attacca la professionista. «Attraverso la breve esperienza dell’assaggio noi portiamo le persone dentro l’italianità, ovvero dentro un mondo di fascino, cultura, storia, territorio che ogni prodotto enogastronomico ha nel Dna e che deve riuscire a raccontare – aggiunge -. Un pezzo di formaggio o un bicchiere di vino non valgono solo per quello che portano in termini di qualità e tracciatura della filiera, ma anche per il loro contributo al desiderio di visitare l’Italia e scoprire i territori nei quali vengono prodotti». Il racconto deve essere costruito secondo le migliori regole dello storytelling, «parola della quale – avverte Ballotta – si sta facendo un abuso. Lo storytelling non è una semplice descrizione, ma una tecnica di racconto che deve trasferire emozioni tra chi parla e chi ascolta, un racconto che lavora a livello profondo e che, insieme ai sapori dei nostri prodotti, deve catturare l’interlocutore lasciandolo libero di immaginare». Con questi strumenti è possibile conquistare molti mercati. «L’enogastronomia e la ristorazione italiana hanno molti margini di crescita – conclude -. Basti pensare al successo dei ristoranti italiani nel mondo e al fatto che nella maggior parte dei casi rappresentino davvero poco l’italianità».
Mariella Caruso
Elisabetta Moro photo credits: Rossella Galletti
Silvana Ballotta photo credits: Business Strategies
Ambasciatori del Gusto - Programma Convegno 30 Settembre 2019
Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto
Convegno 30.09.2019 - “Il turismo esperienziale”
La prima parte del convegno servirà a descrivere cosa si intende per turismo esperienziale e si focalizzerà sul turismo enogastronomico.
Nella seconda parte saranno dibattute alcune proposte per un turismo esperienziale integrato, proponendo un modello sostenibile e prendendo in considerazione alcuni casi. Si ambisce a individuare un “teorema” che spieghi come poter essere interlocutori delle Istituzioni nei tavoli di costruzione di modelli per le offerte turistiche su tutto il territorio nazionale.
OBIETTIVO: individuare e comunicare la “formula magica” per progetti di turismo esperienziale vincenti. Cultura + istituzioni + imprenditori + creatività + Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto come valore aggiunto: potrebbe essere questa la formula? Esiste una formula del modello perfetto di turismo esperienziale?
PROGRAMMA COMPLETO
Ore 09:30 Caffè di benvenuto
Ore 10:00 Saluti istituzionali
Luigi de Magistris, Sindaco di Napoli; Cristina Bowerman, Presidente Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto; Paolo Marchi, Vicepresidente Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto.
Ore 10:30 Cos’è il turismo esperienziale, cosa può generare, quanto costa? Focus sul turismo enogastronomico.
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- Roberta Garibaldi, Autrice del Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2019
- Elena Di Raco, Responsabile Ufficio Studi ENIT
- Nicola Cesare Baldrighi, Presidente Consorzio Tutela Grana Padano
- Giorgio Scarselli, Ristorante Il Bikini, Vico Equense
Ore 11:30 Pausa
Ore 11:45 Casi virtuosi di turismo esperienziale, esiste un teorema?- Maria Teresa Manuelli – Giornalista de Il Sole 24 Ore
- Giuseppe Di Martino, A.D. Pastificio di Martino, Antica Pasta di Gragnano
- Leopoldo Saccon, architetto, membro del comitato scientifico del Sito Patrimonio Unesco “Le
Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene” - Severino Salvemini, Professore presso l’Università Bocconi di Milano
- Mariella Caputo, Ristorante Taverna del Capitano, Nerano, Massa Lubrense
Ore 12.45 fine lavori e saluti
I ristoratori sono partner strategici per i prodotti Dop e Igp

«La Mozzarella di Bufala Campana Dop ha delle peculiarità molto apprezzate nell’ambito della ristorazione. Si tratta, infatti, di uno dei pochi formaggi che, abbinato a pochi ingredienti come pomodoro e olio extravergine d’oliva, può costituire un pasto», osserva Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio di Tutela della Dop. «A questo si aggiunga – continua – l’uso variegato che se ne può fare nella ristorazione partendo dalla pizza per arrivare fino alla cucina stellata». Basti citare la Caprese… dolce salato di Andrea Aprea, la Palla di mozzarella con tagliolini e pesto di Rosanna Marziale o la Margherita sbagliata di Franco Pepe, piatti dal riconoscimento internazionale, che da un lato contribuiscono a contraddistinguere l’identità dello chef, dall’altro ad alimentare la conoscenza del prodotto a livello nazionale e internazionale. Una notorietà che serve da volante alla promozione del prodotto da parte del Consorzio di Tutela della Dop e, di conseguenza, all’innalzamento della qualità. Spiega Saccani: «Negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita la crescita dei volumi di produzione che è andata di pari passo con l’innalzamento della qualità a seguito di investimenti fatti dai singoli caseifici (sono 100 quelli certificati, ndr). La maggiore qualità, insieme alle attività del Consorzio legate a prodotto e territorio, è stata un’ulteriore leva per i ristoratori all’utilizzo del prodotto».
Qual è l’impatto dei prodotti Dop e Igp nel mondo della ristorazione? Quanto il loro utilizzo nelle cucine della ristorazione gourmet aiuta la distribuzione e la conoscenza di queste eccellenze agroalimentari? Come l’attività promozionale degli chef ambasciatori di prodotto impatta sulla conoscenza a livello nazionale e internazionale? Per cercare di comprendere questi meccanismi abbiamo preso in considerazione la Mozzarella di Bufala Campana Dop, un prodotto agroalimentare che vale di più in Italia in termini di fatturato (400 milioni di euro alla produzione e 745 al consumo nel 2018) ed esportazioni pari al 32,7% di quanto prodotto dalle 1338 aziende agricole aderenti al Consorzio. Nel canale Ho.re.ca, sempre nel 2018, vanta il 22% del fatturato con un incremento del 20% rispetto al 2017.
LA COMUNICAZIONE. La partecipazione a fiere ed eventi fa parte della comunicazione istituzionale del Consorzio di Tutela della Mozzarella Campana Dop. «Non manchiamo mai al Sial a Parigi e all’Anuga a Colonia, le due principali fieri europee dedicata al mondo del food», sottolinea Lorenzo Iuliano, addetto stampa del Consorzio. Non manca, però, l’attività promozionale attraverso i protagonisti della ristorazione alcuni dei quali, come gli Ambasciatori del Gusto Rossana Marziale e Franco Pepe, sono ufficialmente ambasciatori della Mozzarella di Bufala Campana Dop nel mondo. «Con i nostri ambasciatori organizziamo masterclass o eventi, che sono spesso dei Fuorisalone, con giornalisti e blogger in collaborazione con altri Consorzi – dettaglia -. Non ci rivolgiamo ai canali classici di comunicazione come la pubblicità tradizionale su carta stampata e/o televisione, preferiamo curare rapporti con giornalisti di settore e food blogger che oggi incidono sul mondo dei foodies. E il riscontro in termini di articoli, passaggi di servizi televisivi e visibilità social è soddisfacente». Di altra natura, invece, la collaborazione con l’ICE con il quale il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop collabora nell’organizzazione di seminari volti, soprattutto, «all’informazione sul modello campano, sul trasporto e sulla distribuzione del prodotto».
LA PAROLA AGLI CHEF. È «l’attaccamento imprescindibile alla Mozzarella di Bufala Campana Dop e a tutto quello che ruota intorno al mondo bufalino» che ha portato Rosanna Marziale a essere Ambasciatrice del prodotto nel mondo. «Ero già portavoce della Mozzarella di Bufala Campana Dop ancora prima che il ruolo venisse conclamato del Consorzio perché da sempre mi dedico alla trasformazione di questo prodotto principe del mio territorio. Diciamo che il mio è stato un percorso naturale, ma non scontato», dice la chef del ristorante Le Colonne di Caserta. «Sono tante le domande che ricevo quando parlo di questo prodotto oltre i nostri confini. Ce ne sono di tecniche sui metodi di trasformazione che non è semplice e quelle sul territorio», racconta l’inventrice del latte di mozzarella, «nato come prodotto antispreco dalla rimozzatura del prodotto e ora entrato anche nelle ricette di altri colleghi». È ambasciatore della Mozzarella di Bufala Campana Dop anche il Maestro pizzaiolo Franco Pepe. «Il nostro lavoro di ampliamento della conoscenza è fondamentale. Fino a 5 anni fa non era facile utilizzare la mozzarella di bufala in pizzeria, soprattutto all’estero, e lo denunciai a LSDM. Per farlo bisogna avere una grande conoscenza della materia prima e dei fornitori e dei distributori che sanno trattare il prodotto. Per evitare l’effetto bagnato sulla pizza, infatti, è necessaria una mozzarella di bufala campana Dop più asciutta e quindi con un minor tenore di grassi e sale cui alcuni produttori stanno lavorando», sottolinea Pepe convinto che questo tipo di comunicazione, non ruffiano ma concreto, sia fondamentale per la promozione di un prodotto dalla shelf life molto breve che sconta, quindi, problemi legati al suo trasporto trattati, come già scritto, attraverso i semi organizzati in collaborazione con l’Ice.
ITALIAN SOUNDING. Quella dell’italian sounding è una questione molto seria dell’agroalimentare italiano a marchio Dop e Igp. «Onestamente, non abbiamo trovato molti richiami alla Campania che possano indurre in inganno quando si parla di Mozzarella di Bufala Campana Dop. Anche se la buffalo mozzarella esiste per noi non è un problema», ammette Saccani. Nonostante tutto l’attività di tutela è fondamentale. «Come Consorzio abbiamo sottoscritto in agosto un accordo con l’US Diary, l’associazione dei produttori lattiero caseari americani affinché ci siano maggiori tutele e trasparenza anche per i consumatori d’Oltreoceano. Poi investiamo molto economicamente per la vigilanza del mercato».
Mariella Caruso
Photo Credit: Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop